Raid in case, ditte e gioielleria: chiesto il processo per la banda dei sinti

Son ben 19 gli imputati nell'indagine dei carabinieri

Carabinieri alla gioielleria di Nave dopo la rapina (foto Alcide)

Carabinieri alla gioielleria di Nave dopo la rapina (foto Alcide)

Lucca, 4 ottobre 2016 - La Procura ha chiuso l’inchiesta sulla banda di sinti accusata di aver commesso una lunga serie di furti e una rapina in Lucchesia. Chiesto il rinvio a giudizio di ben 19 persone tra Lucca, Versilia e Valdinievole, per reati che vanno dall’associazione a delinquere al furto, alla rapina e alla ricettazione. A smascherarli nei mesi scorsi erano state le indagini dei carabinieri del nucleo investigativo e del nucleo operativo e radiomobile di Lucca, con l’operazione «Non stop». Questi gli imputati per i quali il pm Aldo Ingangi chiede il processo, sia pure con posizioni assai differenziate. Clei Satori, 38 anni; Ismaele Lebbiati, 19 anni e Domenico Tarantino, 28 anni, che si trovano da tempo in carcere per la brutale rapina commessa il 12 gennaio scorso ai danni dell’orefice Aldebrando Del Pecchia ammanettato e picchiato nella sua gioielleria silla via Sarzanese a Nave.

Chiesto il giudizio anche per Daniel Di Leo, 32 anni; Cesare Satori , di 38; Alessandro Bini, 32; Virginia Maccani, 22 anni; Patrik Cavazza, di 37 anni; Maria Satori, di 40 anni; Samuele Ammoscato, 24 anni; Eersemberger Sergio, di 42; Angelo Onorato, 36 anni; Mirko Antonio Beschi, di 42 anni; Consuelo Iussi, 35 anni e Deborah Iussi, 34 (entrambe versiliesi); Michele Bordigoni, 35; Francesco Moscatelli, 24 anni e Denis Hudorovich, 24 anni. Nei guai anche Paola Barbato, 51 anni di Montecatini, che era titolare di un «Compro oro» nella cittadina termale ed è accusata di essere l’addetta alla ricettazione dell’oro e dei preziosi frutto dei vari colpi della banda. La lunga e complessa indagine dei carabinieri era nata dopo il sequestro di refurtiva trovata ad alcuni sinti abitanti nel campo nomadi di Maggiano, ma si era allargata ad altri sinti dei campi nomadi di Lucca e della Versilia, trovando collegamenti tra la recrudescenza di furti in case e attività commerciali, riconducibili alla stessa banda.

Era emerso che il gruppo si dedicava a furti di ogni genere: dai quelli di borse nelle auto lasciate in sosta davanti alle scuole, all’utilizzo illecito di carte di credito e bancomat, dai furti in abitazione, ditte ed esercizi commerciali di Lucca e Piana, ai raid ai danni di banche ed uffici postali: in particolare a Quiesa e a San Martino in Freddana dove erano stati sradicati gli sportelli bancomat. Poi il colpo più clamoroso e maldestro: la rapina da 60mila euro alla gioielleria di Nave, finita con una raffica di arresti.