Carabiniere si ammala per l'uranio

Il Tar: tanti casi sottovalutati

Tuscania

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Livorno, 18 marzo 2016 - Rischia di avere conseguenze a livello nazionale la causa promossa da un carabiniere livornese a seguito della malattia contratta per l’esposizione all’uranio impoverito avvenuta nel corso di una missione militare all’estero. Un altro militare, oggi quarantacinquenne, ma di cui non sono state rese le esatte generalità, impiegato nei reparti speciali del Tuscania, dal 1991 fino al 2005 ha partecipato a tutte le principali missioni di pace italiane all’estero, andando in Irak, in Somalia, e nei Balcani, in Bosnia e in Albania. Un altro carabiniere livornese, come Pasquale Cinelli, diventato il simbolo della battaglia delle vittime dell’uranio impoverito per quel risarcimento di 800mila euro alla vedova e alla figlia, riconosciuto dopo 15 anni e al quale lo Stato si oppone facendo ricorso. Anche G. M., queste, le iniziali del 45enne livornese, è stato anche lui contaminato dall’uranio impoverito, liberato in nanoparticelle durante i bombardamenti. La letteratura scientifica e numerose sentenze hanno provato la correlazione fra le gravissime malattie e patologie emerse nei militari e l’esposizione alle radiazioni dell’uranio impoverito.

I militari italiani, a differenza di quelli americani, non avevano materiale di protezione, come tute, maschere o guanti. Ora per la prima volta, a seguito della richiesta di riconoscimento di queste patologie e dei risarcimenti connessi da parte del militare livornese, il Tar di Firenze si è pronunciato con sentenza che dà ragione al carabiniere e ma soprattutto chiama in causa le modalità con cui la vicenda è stata gestita dagli organismi ministeriali preposti.  Il Tar ha infatti messo sotto accusa la gestione da parte del comitato tecnico nazionale di valutazione delle richieste di riconoscimento di cause di servizio – il Comitato di Verifica Cause di Servizio - inviando il fascicolo alla Corte dei Conti, e prefigurando l’ipotesi di un danno erariale legato al proliferare di cause civili. Il Comitato aveva liquidato le richieste del carabiniere livornese sostenendo che non si ravvisavano «disagi o strapazzi di tale intensità, né elementi di eccezionale gravità, che abbiano potuto prevalere sui fattori individuali». Ora il Tribunale di Firenze scrive nella sentenza che si tratta di «affermazione stereotipa, ripetutamente usata, con un’abusata tecnica redazionale ‘a stampone’ in numerosissimi casi analoghi, e come tale inspiegabile». Per il Tribunale di Firenze, è stata evidenziata una «grave negligenza nell’esame del caso», e per questo il fascicolo labronico sarà «trasmesso al Ministro dell’Economia, al Capo di Gabinetto del Ministro nonché – in relazione al ricorrente contenzioso che il predetto comportamento ingenera, con i conseguenti esborsi a carico dell’erario per oneri processuali, maggiori somme per interessi e quant’altro – alla Procura Regionale Toscana della Corte dei Conti».