«Amman, avamposto per disinnescare la piaga dilagante dell’estremismo»

Parla Giovanni Brauzzi, neo ambasciatore d’Italia in Giordania. Nativo della Spezia / CHI E' IL NEO AMBASCIATORE

 Brauzzi con la famiglia

Brauzzi con la famiglia

Amman, 3 settembre 2015 -  HA LA voce profonda. Pacata. Quella di un uomo che ha visto il mondo e sa maneggiarlo. Parla con semplicità, lentamente, scandendo le frasi. E a sentirlo, sembra quasi di averlo accanto, comodamente seduto sul divano di casa, impegnato in un colloquio qualunque. Invece Giovanni Brauzzi, secondo ambasciatore spezzino ad Amman, si trova a migliaia di chilometri di distanza, appeso al telefono di un ufficio nel quale ha appena posato la valigetta da diplomatico navigato. «Ho iniziato la mia carriera – racconta – nel lontano 1981 e da allora ho prestato servizio in numerosi paesi, confrontandomi con realtà profondamente diverse tra loro. Sono stato due volte in Africa: prima a Lagos, in Nigeria; e poi a Nairobi, in Kenia. Ho lavorato in due fasi successive della mia carriera per le grandi organizzazioni internazionali: con la Nato, a Bruxelles, e con le Nazioni Unite a New York. Nel 2005 sono stato nominato ministro all’Ambasciata di Londra. Cinque anni dopo, quando sono tornato in Italia, ho ricoperto alcuni incarichi al ministero, tra i quali quello di vice direttore generale agli affari politici e quello di direttore centrale per la sicurezza, il disarmo e la non proliferazione».

Una carriera invidiabile.

«Adesso si è manifestata la necessità di trovare una persona qualificata da inviare in Giordania e il Governo ha pensato a me: un onore».

Qual è attualmente la situazione politica in Giordania?

«La Giordania è un paese relativamente tranquillo, se lo si paragona ad altre realtà limitrofe del Medio Oriente».

Una sorta di Stato-cuscinetto?

«Diciamo che è un avamposto per disinnescare la piaga dilagante dell’estremismo islamico».

C’è una comunità italiana organizzata?

«Sono arrivato pochi giorni fa, e devo ancora orientarmi. La presenza di italiani non è così capillare. Però mi hanno riferito che in questa zona ci sono capi di agenzie collegate alle Nazioni Unite. E a quanto pare i cittadini provenienti dal nostro paese si sono insediati in numero superiore alla media. Non solo. Qua in Giordania ci sono sette missioni archeologiche nelle quali sono occupati professionisti italiani e che nelle prossime settimane sicuramente andrò a visitare».

Come sono i rapporti economici tra Giordania e Italia?

«Risentono delle problematiche dell’area e del fatto che la Giordania è un paese relativamente povero di risorse e di acqua. Ma la classe dirigente è piuttosto qualificata rispetto alla media dei paesi mediorientali».

Anche quella imprenditoriale?

«Nel tempo ad Amman sono confluiti operatori e imprenditori palestinesi, siriani e iracheni. E c’è una comunità di affari abbastanza evoluta. Inoltre, come l’Italia, anche la Giordania è un paese che punta molto sulla risorsa turismo».

Ha mantenuto contatti con Spezia?

«Certamente. Lì ho mio zio, ho cugini, nipoti, genitori e nonni sono sepolti al cimitero dei Boschetti. Lì ho i miei ricordi, parte degli affetti. Torno spesso, appena gli impegni me lo consentono».

In Giordania ha avuto modo di conoscere altri spezzini?

«Per ora no. Però non sono il primo ambasciatore spezzino ad Amman. Negli anni ’90 sono stato anticipato da Franco De Courten».