Giovanni Spano
Cronaca

Dopo 30 anni scopre il suo vero padre. In tribunale chiede 15 milioni di euro

Firenze, nata dalla relazione con la segretaria. Il Dna inchioda l'uomo

Un'aula di tribunale (Foto d'archivio)

Un'aula di tribunale (Foto d'archivio)

Firenze, 4 agosto 2014 - RIEMERGE nelle aule giudiziarie, dopo trent’anni di oblio affettivo la storia di una bambina nata da una relazione extraconiugale tra un imprenditore già sposato, conosciuto anche a livello sportivo ed una collaboratrice sul lavoro. L’uomo rimase folgorato dall’avvenenza della dipendente. Nacque una bambina. Segni particolari: bellissima. Ma un figlio nato fuori dal matrimonio, non una novità neanche per quei tempi, era comunque un problema. Trent’anni dopo quella bambina non riconosciuta dal padre, scoperta la verità, ha deciso di agire in tribunale per ottenere, tramite il test del Dna, l’accertamento della paternità e lo ‘status’ di figlia, godere degli stessi diritti, anche ereditari, dei figli dell’uomo nati nel suo matrimonio, e farsi risarcire il danno: 15 milioni di euro, mezzo per ogni anno di abbandono, di mancata assistenza materiale e morale da parte del ‘genitore ombra’, venuto meno agli obblighi di mantenimento, di istruzione e di educazione; obblighi assolti al suo posto dal compagno della mamma abbandonata, il quale accettò che una figlia non sua diventasse vera figlia. Perché se l’uomo può sbagliare, così non è per il Dna, eletto a prova regina. L’«azione di dichiarazione giudiziale di paternità naturale» incardinata in Tribunale ha già registrato una svolta decisiva: la prova biologica portata in giudizio ha rivelato che la 30enne è effettivamente figlia dell’imprenditore. La prova della paternità non è facile, ma se le analisi biologiche sono approfondite, determinano l’attribuzione della paternità con certezza vicinissima al 100 per cento.

PARTITA in sordina la vicenda a livello giudiziario è quasi deflagrata: la svolta fornita dall’esame dei codici genetici ha infatti indotto l’imprenditore (secondo quanto sostiene la controparte) a tentare di correre ai ripari per mettere il patrimonio al riparo. Ci sarebbe stato al proposito anche un tentativo di separazione dell’imprenditore e della moglie, separazione considerata fittizia: né del resto mancano esempi analoghi, specie a questi livelli sociali e patrimoniali, di separazioni coniugali pilotate per «tutelare» i beni dalle rivendicazioni di terzi. E il giudice, preso atto di queste mosse e contromosse, ha per intanto disposto il sequestro cautelativo di beni riconducibili all’imprenditore per 2-3 milioni, a tutela degli interessi della figlia ormai a tutti gli effetti. I legali hanno intavolato una trattativa per arrivare a una transazione che sia la più onorevole’ per tutti: «risparmiosa» per l’imprenditore, risarcitoria per la giovane. Cresciuta bene, senza però avere alle spalle il peso economico del babbo naturale, anche se oggi il concetto di paternità è allargato alla sfera affettiva reale più che biologica.

E’ STATA la dichiarazione di illegittimità, da parte della Corte Costituzionale, dell’art.274 del Codice civile, a favorire la causa: il riconoscimento non è più un atto a discrezione del genitore naturale. Il rapporto di filiazione diventa possibile tramite la prova biologica, anche contro la volontà del genitore che non riconosce il figlio. L’art. 274 prevedeva che fosse necessario valutare l’ammissibilità dell’azione in giudizio; la sentenza poteva essere impugnata fino al terzo grado e tutto ciò comportava una durata eccessiva delle cause.

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