Mostro, dna sulla lettera della "sfida": il jolly nel mazzo della nuova inchiesta

La vicenda giudiziaria dei delitti che insanguinarono la provincia di Firenze

La scena di uno dei delitti del Mostro di Firenze

La scena di uno dei delitti del Mostro di Firenze

Firenze, 3 agosto 2017 - La caccia al dna nella rivisitazione dei reperti, si concentra sulla busta in cui venne infilato un lembo della pelle del seno di Nadine Mauriot, ultima vittima femminile del mostro, uccisa con il compagno Jean Michel Kraveichvili agli Scopeti nel settembre del 1985. I pm Luca Turco e Paolo Canessa lo considerano una sorta di «jolly» da giocare assieme alla nuova impostazione all’inchiesta dettata dal coinvolgimento di due figure: quella «seminuova» di Giampiero Vigilanti, l’ex legionario di Prato già lambito in passato da perquisizioni e sospetti, e quella «inedita» del medico Francesco Caccamo.

Chi ha confezionato quella lettera – imbucata la mattina di lunedì 9 settembre 1985 – ha una stretta attinenza con il delitto, sia esso uno degli esecutori (le sentenze hanno stabilito che agli Scopeti c’erano Pietro Pacciani, Mario Vanni e il «palo» Giancarlo Lotti) o un presunto mandante. Isolare uno di questi dna potrebbe «blindare» definitivamente il ruolo attivo dei compagni di merende oppure rafforzare le ipotesi investigative in corso.

C’è un altro dettaglio che consolida questo asse tra la nuova inchiesta sui delitti del mostro ed il Mugello, terra d’origine sia di Vigilanti che del dottor Caccamo. Quella lettera venne infatti imbucata a San Piero a Sieve. Il postino la raccolse nella mattinata. Essendo ancora in discussione la data di quel delitto (i corpi vennero ritrovati il lunedì mattina, ma il delitto potrebbe essere avvenuto anche nella notte del sabato), cambia il margine di tempo avuto per confezionare quella missiva dell’orrore, ma potrebbe anche stare a significare che la destinazione dei feticci fosse proprio il Mugello.

Ancora oggi non è chiaro il significato dell’invio di parte dei feticci. Nella logica di creare panico fra la gente – erano gli anni in cui le strade di campagna erano disseminate di cartelli «Occhio ragazzi» - sarebbe stato sconcertante se fossero arrivati feticci senza che fosse stato scoperto il delitto.

Oppure significava «sfidare» pubblicamente gli inquirenti: la destinararia era il magistrato Silvia Della Monica, unica donna tra i magistrati che si erano occupati fino a quel momento dei delitti. Va detto anche che dopo gli Scopeti i delitti si fermarono. Per Vieri Adriani, l’avvocato della coppia di francesi, nonché autore dell’esposto che ha rimesso in moto i carabinieri del Ros, la scia di sangue s’interruppe perché alcune perquisizioni erano andate nel segno giusto.

Nell’ottica dell’ampia rilettura di carte e reperti, ha un ruolo importante anche il fazzolettino intriso di sangue proveniente anch’esso dalla piazzola di San Casciano. Quel reperto fu consegnato agli inquirenti da tre curiosi, arrivati con il loro cane da Prato: il cocker s’infilò tra i cespugli e scovò il reperto. Assieme alla tenda in cui stavano dormendo i francesi e all’altra busta con i bossoli destianta ai pm Vigna, Canessa e Fleury, è un pezzo di quel duplice omicidio da cui i pm si attendono conferme per quanto fatto finora.

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