Dodici ore d’attesa al pronto soccorso: "Mia madre ha 85 anni, è assurdo"

La donna si era sentita male alle 9, è uscita dal San Giuseppe alle 21

L'ingresso dell'ospedale San Giuseppe di Empoli (Germogli)

L'ingresso dell'ospedale San Giuseppe di Empoli (Germogli)

Empoli, 9 gennaio 2017 - "Entrata alle 9 del mattino, ne è uscita alle 21. E dopo aver trascorso più di cinque ore seduta su una sedia in attesa di risposte. Un trattamento impensabile per una donna di ottantacinque anni di età". Rieccoci a raccogliere lo sfogo di un familiare di un paziente del pronto soccorso empolese. Sotto accusa ancora una volta i tempi da record, negativo però, per ottenere una diagnosi e una conseguente dimissione. Questa volta, a denunciare una giornata d’inferno è la famiglia di una castellana, costretta a fare tappa al San Giuseppe sabato mattina, dopo una rovinosa caduta nella sua abitazione.

"Mia madre era dolorante – spiega la figlia – perciò abbiamo chiesto l’intervento del 118 che ha inviato prontamente un’ambulanza". Erano all’incirca le nove del mattino. Dopo le prime cure del caso, l’anziana dolorante è stata trasportata al pronto soccorso per essere sottoposta ad accertamenti che potessero escludere fratture o altre conseguenze.

Una volta nella struttura di viale Boccaccio, "mia madre è stata sottoposta a esami radiografici, dopo una prima visita – continua la donna – Intorno alle quindici aveva in mano il referto, fortunatamente, negativo: niente di rotto, tuttavia con grande scrupolo e professionalità i medici hanno deciso che era il caso di sottoporla a qualche altro accertamento. E così è stato".

Alla signora sono stati fatti prelievi e visite del caso, "il tutto con cura ed estrema gentilezza da parte di tutto il personale presente: trovo doveroso sottolinearlo", mette in chiaro la figlia della paziente. Insomma, niente da dire, se non fosse che "prima di ricevere gli esiti degli accertamenti sono trascorse diverse ore, tant’è che mia mamma è uscita dall’ospedale che erano le ventuno abbondanti. Una roba incredibile e anche inaccettabile, se considera che dal primo pomeriggio fino a tarda sera, il suo ‘ricovero’ è stata una sedia. Nemmeno un letto o una barella, una sedia. E, se non fosse stato per mio fratello, rimasto per tutto il tempo con lei, non avrebbe nemmeno mangiato o bevuto: del resto, non è previsto".

Dunque, se "la professionalità di medici e infermieri, costretti a un lavoro impegnativo e incessante, non si discute, ciò che non va è l’accoglienza a livello di struttura: come si può, torno a chiedere, tenere una ottantacinquenne, tra l’altro reduce da una caduta e dolorante, cinque o sei ore su una sedia? Come è possibile che serva tutto quel tempo per ricevere risposte ad accertamenti? E’ evidente che c’è qualcosa da rivedere, forse un pronto soccorso unico per tutti non basta. Noi a Castelfiorentino, avevamo il “Santa Verdiana”, ma è stato chiuso".

Osservazioni che, in questi giorni, sono state sollevate da più parti. Anche dagli addetti ai lavori, costretti a turni incessanti e spesso a ‘incassare’ le lamentele di chi si aspetterebbe un servizio migliore.