Etruria, operazione Fonspa: 300 milioni di crediti deteriorati venduti per 49

Le cifre ufficiali nella relazione Santoni: da lì il famoso parametro del 17,5%

LA COMMISSARIA EUROPEA Margrethe Vestager

LA COMMISSARIA EUROPEA Margrethe Vestager

Arezzo, 30 maggio 2016 - DI TUTTE le operazione effettutate dai commissari nel periodo di amministrazione straordinaria finito il 22 novembre con la risoluzione di Banca Etruria, è stata probabilmente la più gravida di conseguenze. Non solo per Bpel ma per il sistema creditizio nel suo complesso, la Borsa e persino l’economia nazionale. L’affare in questione è quello della cessione di 300 milioni di crediti deteriorati al Credito Fondiario per tramite della controllata Fonspa. I contorni già si conoscevano con una certa precisione, ma per la prima volta la relazione del liquidatore Giuseppe Santoni li ricostruisce ufficialmente per la procura.

C’è la conferma, dunque, che la contropartita fu di 49 milioni e 200 mila euro a fronte di un totale di 302. Si trattava per due terzi di finanziamenti chirografari, privi cioè di qualsiasi garanzia, quasi spazzatura, e per il 30 per cento residuo di esposizioni assistite da una garanzia ipotecaria. L’intera operazione, conclusa il 17 novembre, diventa operativa con l’autorizzazione rilasciata da Banca d’Italia in febbraio.

IN APPARENZA pare un affare che sgrava Etruria di una fetta almeno del miliardo e 900 mila euro di crediti deteriorati che la stanno portando a fondo. In realtà gli effetti saranno molto più ampi, come coi cerchi concentrici di un sasso lanciato nello stagno. Quei 49,2 milioni, infatti, calcolatrice alla mano, significano una cessione al 16,3 per cento del valore nominale. Ma i fidi chirografari passano di mano addirittura al 3 per cento dello stesso valore nominale, solo i mutui ipotecari riescono a riequilibrare i numeri fino appunto alla media del 16. Che corrisponde sì al valore di libro al quale i deteriorati erano iscritti nei conti di Bpel, ma diventa anche il parametro di riferimento per il conferimento alla Bad Bank delle sofferenze dei quattro istituti protagonisti del crac del 22 novembre.

A decidere sono i funzionari del commissario alla concorrenza di Bruxelles, la danese Magrethe Vestager. L’affare Fonspa è fresco fresco e, scrivono loro nella corrispondenza con il ministero dell’economia, non c’è ragione per non considerare quei numeri come il vero valore di mercato. A Roma un po’ si inquietano, ma ottengono soltanto che il 16,3 venga rialzato al 17,5, che sarà la cifra di riferimento nel decreto di Banca d’Italia della sera del 22 novembre: 8 miliardi di crediti in sofferenza o incagliati (Etruria ne ha più di un terzo) diventano di colpo un miliardo e mezzo.

A QUESTO punto sono gli operatori di Borsa che vanno in fibrillazione: se il 17,5% è il valore dei deteriorati, e il sistema bancario italiano li ha in carico in media fra il 40 e il 45% (Bpel al 34%) vuol dire che rischia di aprirsi un buco gigantesco nel patrimonio degli istituti più credito, in particolare dei più esposti come Mps. Basta a innescare il crollo in piazza Affari dei titoli bancari che va avanti per tutto il mese di gennaio e poi, a sprazzi, anche in febbraio e marzo. Ci vorrà del bello e del buono per acquietare la tempesta. Alla fine interverrà anche il governatore di Banca d’Italia Ignazio Visco che in un’audizione in Senato annuncerà la rivalutazione dei deteriorati in Bad Bank dal 17,5 al 22,5 per cento, cinque punti in più frutto della valutazione di «esperti indipendenti».

Nella sua relazione, Santoni rivela anche che i commissari, pur non avendo ricevuto alcuna offerta apprezzabile per Banca Etruria, hanno avuto proposte per singoli pezzi del gruppo, il cosiddetto spezzatino: Del Vecchio, dunque, le assicurazioni Bap ed Etruria informatica. Ma hanno rinviato «al momento di una migliore definizione del quadro complessivo riguardate la capogruppo Etruria». di SALVATORE MANNINO