DANIELE MASSEGLIA
Cronaca

Tallio nell’acqua, negato il rimborso: "Nessun pericolo per la salute"

La Cassazione respinge il ricorso di una cittadina. Ma il suo legale è perplesso: "Altri giudici hanno detto di sì"

Tallio nell’acqua, negato il rimborso: "Nessun pericolo per la salute"

Nessun pericolo per la salute umana e di conseguenza nessun rimborso a una cittadina che chiedeva di essere risarcita dopo aver scoperto di aver bevuto acqua contenente tallio. È il motivo per cui la Corte di Cassazione ha bocciato il ricorso della cittadina scrivendo un nuovo capitolo di una storia quasi decennale. Non senza polemica, in quanto il legale della donna fa notare come altri giudici si siano espressi in maniera contraria, segno che gli strascichi sono destinati a proseguire nonostante lo scorrere del tempo abbia in parte annebbiato una vicenda di cui parlarono tutti.

Esattamente nove anni fa – erano gli inizi dell’ottobre 2014 – Pietrasanta ottenne infatti il non invidiabile record del primo caso in Italia di contaminazione da tallio nelle abitazioni. Il caso, scoppiato a Valdicastello – il metallo pesante proveniva dalle ex miniere Edem – e propagato al lembo sud di Pietrasanta, aveva vissuto il suo epilogo nel maggio 2022 con l’assoluzione di Francesco Di Martino (Gaia) e Ida Aragona (Asl) dall’accusa di avvelenamento colposo delle acque destinate al consumo umano. Quanto alle bollette, Gaia, in seguito a un accordo con il Comune, aveva deciso di non addebitare il costo del canone (quota acqua) per il periodo che andava dal 30 giugno 2014 al 31 ottobre 2015, prevedendo inoltre che anche il canone per gli anni precedenti poteva essere rimborsato previa sottoscrizione di una transazione. Accordo che la cittadina, al pari di altre persone, si era rifiutata di firmare tanto da rivolgersi al giudice di pace per farsi restituire il canone corrisposto tra luglio 2011 e giugno 2014, per un totale di 315,90 euro.

Ma le sue richieste non sono andate a buon fine. Il giudice di pace di Lucca aveva rigettato la domanda per due ragioni: non essendo il tallio una delle sostanze indicate in tabella, Gaia non aveva l’obbligo di effettuare regolari e periodici controlli, e inoltre in base ad accertamenti tecnici e prove era emerso che la quantità di tallio non incideva al punto da rendere l’acqua non potabile. Idem, in secondo grado, il Tribunale di Lucca, e così pure la Cassazione, con la donna condannata al pagamento di 600 euro. "In un’altra causa ’gemella’ – ricorda il suo avvocato Luca Nannizzi – nei primi due gradi di giudizio i giudici hanno invece riconosciuto l’inadempimento di Gaia nella fornitura dell’acqua. Siamo in attesa di conoscere l’esito in Cassazione, ma prendiamo atto che si tratta di due posizioni contrastanti, il che conferma le nostre perplessità".