Quando la Soprintendenza si oppose ai dipinti

L’aneddoto di Mauro Gliori "Come compromesso furono incastonati in telai d’acciaio".

Quando la Soprintendenza si oppose ai dipinti
Quando la Soprintendenza si oppose ai dipinti

Pochi sanno che la Soprintendeza si oppose alla realizzazione dei due affreschi di Botero nella chiesa di San Biagio, in via Mazzini e di proprietà dell’attigua Misericordia, tanto da avvertire l’allora governatore Mauro Gliori del rischio di una condanna da sei mesi a sei anni. A svelare l’aneddoto su “La porta dell’Inferno“ e “La porta del Paradiso“ è lo stesso Gliori, medico e pittore pietrasantino di 70 anni.

"La Soprintendenza disse che essendo la chiesa del 1300 non poteva accogliere opere moderne – racconta – ma grazie ai documenti forniti dal professor Danilo Orlandi riuscii a ribaltare questa tesi. Infatti nella chiesa c’erano opere del ’400, gli affreschi di Ademollo dell’800, statue lignee del ’500, fino al Gesù bambino di Praga del ’900, e l’altare e l’ambone donati in epoca ancora più recente dal professor Ugo Mazzei". Gliori e la Soprintendenza giunsero poi a un compromesso, ossia incastonare gli affreschi in un telaio d’acciaio per rendere più agevole un’eventuale rimozione. "Cosa che non succederà mai – conclude Gliori, a cui Botero comprò tre dipinti – perché gli affreschi non possono passare dalla porta essendo più larghi". Fu proprio Gliori, infine, in veste di presidente della commissione cultura del Comune, a proporre a Mallegni la cittadinanza onoraria a Botero.

d.m.