BEPPE NELLI
Cronaca

Pizzi firma il Festival del centenario: "La musica in primissimo piano"

Il grande regista stronca certi allestimenti moderni: "Non si può sentire una cosa, e vederne un’altra"

Pizzi firma il Festival del centenario: "La musica in primissimo piano"
Pizzi firma il Festival del centenario: "La musica in primissimo piano"

Più che un direttore artistico. Pier Luigi Pizzi sarà la mente unificatrice del 70° Festival Puccini, quello del centenario della morte del compositore. Curerà personalmente gli allestimenti di Le Villi, Edgar, Tosca e Turandot, mentre la regia della Bohème sarà del figlio adottivo Massimo Gasparon. "E’ il mio miglior collaboratore da 30 anni", ha detto ieri il maestro. In cartelone anche la Manon Leascaut in forma di concerto.

Nel presentare la prossima stagione il regista, scenografo e costumista ha parlato della sua esperienza con Puccini: "Nel mio lavoro l’ho incontrato presto, ma poi per 40 anni ho affrontato il tardo barocco e Rossini al Rof. Con l’esperienza di Butterfly a Macerata ho riscoperto Puccini e Torre del Lago. E adesso affronto le cose con uno spirito nuovo che mette in primissimo piano la musica. Io sono indignato per aver visto spettacoli che trattavano la musica come una qualunque colonna sonora. La musica deve essere in primo piano, e il libretto spesso maltrattato è importante perché su di esso si è basato il compositore. Le ambientazioni possono variare, ma il testo va restituito nella sua totalità. Ai cantanti dico che non ci sono solo vocali, ma anche le consonanti".

"Io – spiega Pizzi in una vera lezione di teatro – lavoro molto sull’interprete che deve avere l’espressione adeguata di chi sa cosa sta dicendo, per trasmettere le emozioni allo spettatore. Questo è il tipo di teatro che cerco di recuperare. Troppo spesso il teatro è stato bistrattato nel tentativo di fare avanguardia, ma oggi la vera avanguardia è la filologia. E poi abbiamo la tecnologia, che facilita il racconto e rende agile il montaggio coi cambi di scena a vista. Con la tecnologia la prossima Turandot andrà in scena senza intervalli, perché il racconto è unitario e continuo. E si fermerà alla morte di Liù, come fece Toscanini alla prima della Scala. Per me la coincisione finisce qua, il resto non scritto da Puccini non serve a nulla, e lo spettatore colmo di emozioni va via insieme a questa dolce creatura". Una morte che corrisponde alla dipartita di Giacomo Puccini, il 29 novembre del 1924.

"Oggi il mio metodo – conclude il grande regista – è lavorare per sottrazione. Cerco di arrivare all’essenza del teatro e all’immediatezza della comprensione da parte del pubblico. Oggi avvertiamo un disagio, davanti a molti spettacoli, perché si sente una cosa ma in scena se ne vede un’altra". Già: come non pensare a un certo titolo della scorsa stagione? E, contemporaneamente, alla sublimità della Butterfly di Pizzi in cui pure, con grande sottigliezza, la narrazione ha avuto degli scostamenti dalla tradizione che, senza nulla togliere, hanno reso ancor più sensazionale la rappresentazione? Letto sottoscritto e approvato, viene da dire, ma l’attesa per la prossima estate è grande. "E’ questo il Puccini che vogliamo", assicura Pier Luigi Pizzi.