MARTINA DEL CHICCA
Cronaca

Operatori sanitari: digiuno a staffetta anche davanti all’ospedale

Una protesta silenziosa ma decisamente molto incisiva. Dalla fine del mese di luglio, centinaia di operatori sanitari della Toscana hanno...

Il personale sanitario dell’ospedale Versilia che, i giorni scorsi, ha partecipato alla protesta promossa nelle strutture di tutta la Regione Toscana

Il personale sanitario dell’ospedale Versilia che, i giorni scorsi, ha partecipato alla protesta promossa nelle strutture di tutta la Regione Toscana

Una protesta silenziosa ma decisamente molto incisiva. Dalla fine del mese di luglio, centinaia di operatori sanitari della Toscana hanno infatti avviato un digiuno a staffetta contro la guerra in corso a Gaza. L’iniziativa, partita dal personale sanitario di Pisa, si è rapidamente estesa a tutta la regione, coinvolgendo oltre 800 persone, tra cui anche il personale dell’ospedale Versilia.

La forma di protesta scelta è semplice, ma potente: una rinuncia volontaria al pranzo durante la pausa lavorativa, effettuata a rotazione da medici, infermieri, OSS, tecnici e personale amministrativo. Il digiuno si svolge davanti a più di 40 sedi sanitarie – dagli ospedali ai distretti, passando per uffici territoriali e sedi amministrative – senza interferire con il normale svolgimento delle attività lavorative.

In pochi giorni, la staffetta ha raggiunto oltre 800 adesioni, a conferma di una mobilitazione ampia e sentita. Tra i primi ad aderire sono stati proprio gli operatori dell’ospedale Versilia, che fin da subito hanno manifestato il proprio sostegno esponendo cartelli con la scritta “Digiuno contro il genocidio a Gaza” e utilizzando l’hashtag #digiunogaza. Le immagini della protesta, condivise sui social, hanno contribuito a dare risonanza regionale all’iniziativa.

Come precisano gli organizzatori, non si tratta di uno sciopero, ma di una testimonianza civile, pacifica e autogestita, che avviene fuori dall’orario di lavoro. L’obiettivo è richiamare l’attenzione sull’emergenza umanitaria in Palestina, dove – secondo i promotori – oltre 60mila persone, tra cui moltissimi bambini, hanno perso la vita durante i lunghi mesi di conflitto. L’appello parla esplicitamente di "genocidio" e denuncia un programma di assedio che lascerebbe intere comunità senza accesso a cibo, acqua e cure.

"Noi - hanno detto - non possiamo più restare in silenzio".