ROSSELLA MARTINA
Cronaca

L’urlo di Nadia Manfredi: "Mio padre Antonio non era un ’’bastardo’’. Era figlio di Giacomo Puccini"

La donna che ha 78 anni rompe il silenzio nell’anno in cui si celebra il Centenario della morte del Maestro "Non cerco denaro, tantomeno notorietà. Voglio solo ridare dignità e onore a mio babbo".

"Non cerco denaro, tantomeno cerco notorietà. Voglio solo ridare dignità e onore a mio padre Antonio Manfredi che per tutta la vita ha vissuto nella vergogna di una colpa non sua".

A parlare così è Nadia Manfredi che spiega: "Si celebrano i 100 anni dalla morte di Puccini. Ebbene, io voglio celebrare i 101 anni dalla nascita di mio padre che di Puccini era figlio ma l’ha dovuto sempre tenere nascosto".

Chiamato ‘bastardo’ fin da bambino dai suoi stessi parenti, Antonio Manfredi ha vissuto sempre nell’oscurità, infelice, succube di una promessa e di una mentalità che sembrano uscite da un tetro feuilleton ottocentesco ma la cui ombra si allunga ancora oggi su sua moglie Nara (98 anni), sua figlia Nadia (78 anni), la nipote Giada (52 anni). Tre donne che hanno deciso di far sentire la loro voce dopo tanti anni di ingiuste e assurde umiliazioni.

La storia è questa: Giacomo Puccini per molti anni – almeno 16 in base alle lettere e alle cartoline rinvenute – ha avuto una relazione con Giulia Manfredi, una ragazza di Torre del Lago, nata nel 1889, che insieme al padre gestiva un ritrovo, La Terrazza di Emilio, sul lago davanti alla casa di Giacomo. L’opera di Puccini La Fanciulla del West – è opinione di molti – sembra voler riprodurre proprio la figura di Giulia. Che, tra l’altro, era cugina di Doria Manfredi, la cameriera di casa Puccini morta suicida nel 1909. Una vicenda in cui la stessa Giulia rimase coinvolta. Ma questa è un’altra storia.

Torniamo a Nara, Nadia e Giada. O meglio a Antonio Manfredi. Che nacque il 23 giugno 1923, un anno prima della morte di Puccini avvenuta in una clinica di Bruxelles il 29 novembre 1924.

Alcuni mesi prima Giulia, nubile e incinta, si era allontanata da Torre del Lago. Come si faceva spesso a quei tempi andò a terminare la gravidanza lontano da casa e dai pettegolezzi dei paesani che non parlavano d’altro che della relazione tra “il sor Giacomo e la Giulia”. Questa si rifugiò a Pisa da alcuni conoscenti e a Pisa partorì un figlio che volle chiamare Antonio, proprio come il figlio di Puccini e di sua moglie Elvira. Sul certificato di nascita di Antonio Manfredi compare il nome della madre ma quello del padre è sconosciuto, figlio di n.n.

Il bambino viene affidato alla famiglia della balia che ha ospitato Giulia a Pisa. Finché Giacomo è in vita questa famiglia riceve regolarmente una cifra mensile per il mantenimento del bambino. Ma il Maestro muore dopo poco più di un anno e il ‘mensile’ non arriva più e quindi "la famiglia a cui era stato affidato mio padre – racconta Nadia – non volle più tenerlo e lo ‘passò’ a un’altra coppia di Buti, ma anche questa in seguito lo abbandonerà affidandolo in età scolare a Emma Salusti e Nando Taccini, due sposi pisani senza figli che lo cresceranno e che io consideravo i miei nonni".

Intanto Giulia subito dopo il parto era tornata a Torre del Lago e guai ad accennarle al figlio. Vorrebbe tenerlo segreto ma nel piccolo paese tutti sanno tutto di tutti e non mancano certo coloro che chiedono a Giulia notizie del suo “bastardo”. Lei non dirà mai chi è il padre ma tutti lo sanno. Oltre al biasimo nei confronti della ragazza madre, l’invidia per Giulia che è stata l’amante di cotanto genio si maschera da disprezzo crudele. Anche per lei non sono anni facili, per il paese e la famiglia resterà fino alla morte una “donnaccia”.

Antonio non può andare a Torre del Lago “per non suscitare chiacchiere” e meno che mai quando comincia a crescere e a mostrare la sua evidentissima somiglianza con Puccini. Giulia gli proibisce di andare a trovarla perché ogni volta che lui si è recato dalla madre a Torre la gente si è girata a guardarlo dicendo “ah ecco il figlio della Giulia e di Puccini!”.

In ogni caso i rapporti tra Giulia e il figlio sono sporadici. Antonio teme la madre e per rispetto a lei non dirà mai di essere figlio di Puccini. Rifiuta di parlarne, non vuole in alcun modo tentare di farsi riconoscere legalmente. Non quando la madre è in vita (Giulia morirà nel 1976) ma neppure dopo la sua morte. La madre gli ha fatto promettere di mantenere il segreto. E poi per lui la paternità di Puccini non è affatto qualcosa da rivendicare, neanche in vista di possibili benefici economici. Per Antonio l’essere figlio di Giacomo è un’onta, la tragedia della sua vita. Per questo non riesce neppure a realizzarsi in un lavoro, è spesso disoccupato, infelice sempre, gravato da un peso di cui non si libererà mai. Nei suoi comportamenti è come se lui stesso volesse punirsi per una colpa indelebile. A mantenere la famiglia è il più delle volte Nara che fa i lavori nelle case. Di soldi ce ne sono davvero pochi. E quando la loro bambina, Nadia, alle elementari manifesta un chiaro talento per la musica e chiede di poter imparare a suonare il pianoforte con cui si esercita un po’ a scuola, la risposta è: "non ci possiamo permettere le lezioni private".

Grazie a Nara e poi a Nadia che si metterà a lavorare già da adolescente in un negozio di parrucchiera, la vita della famiglia va avanti. Ma non è mai stata facile per nessuno di loro. Il peccato originale che pesa su Antonio sembra capace di schiacciare tutti quelli che ha intorno. Antonio muore a 65 anni, all’incirca la stessa età di Puccini, nel 1988.

Anche Nadia fino a un certo punto teme di fare un torto al padre parlando di Puccini e della nonna Giulia. Ma poi, nel 2008, arriva il regista Paolo Benvenuti che vuole girare un film, quello che poi diventerà Puccini e la fanciulla e con una vera e propria indagine da detective lui e i suoi collaboratori rintracciano Nara e Nadia a Pisa. Riemerge così una valigia piena di documenti dimenticata in cantina, una valigia che Giacomo Puccini ha affidato a Giulia e che contiene un gran numero di lettere che raccontano la vera storia di Doria Manfredi.

Paolo Benvenuti esorta Nadia a chiedere il riconoscimento legale per il padre ma la legge non lo concede ai nipoti. Doveva essere il figlio Antonio a rivendicarlo. Nadia non può. Capitolo chiuso. Di nuovo acqua in bocca. La moglie e la figlia di Antonio per riconoscenza nei confronti di Paolo Benvenuti gli affidano la valigia con i documenti che rivelano tutto sulle vere cause che avevano portato Doria alla morte. Per inciso: i documenti sono stati rubati dall’archivio di Paolo Benvenuti, poi venduti sul mercato antiquario e acquistati infine dalla Fondazione Simonetta Puccini che ad oggi non ne autorizza la pubblicazione.

Di nuovo la cortina di silenzio cala sulla storia triste di Antonio Manfredi. Però quella parola “bastardo” non si cancella dalla memoria. Quella povera vita sacrificata… a che cosa? Ipocrisia? Perbenismo? La devozione di Giulia nei confronti di Puccini? La sottomissione di Antonio alla madre?

Le commemorazioni per i cento anni dalla morte di Puccini hanno riaperto la ferita e Nara, Nadia e Giada hanno deciso: vogliono almeno una volta gridare al mondo che "Antonio Manfredi non era un bastardo, non era nato da padre ‘non noto’, era figlio di Giacomo Puccini".