Le testimonianze: "Non abbiate paura a chiedere aiuto. Io ne sono uscita così"

Giulia ha raccontato il suo ’’inferno’’ dentro al mondo della droga "La mia salvezza? Una pattutaglia di carabinieri nel buio della notte".

Le testimonianze: "Non abbiate paura a chiedere aiuto. Io ne sono uscita così"

Le testimonianze: "Non abbiate paura a chiedere aiuto. Io ne sono uscita così"

VIAREGGIO

Malessere. Frustrazione. Disagio. Dolori, familiari e sociali. Disillusioni di un mondo e di un futuro distopico che sembra non offrire niente di più allettante di una dose giornaliera per “anestetizzare“ problemi e sofferenze. Un amore, letteralmente, tossico. Sono solo alcuni dei motivi per cui giovani, e meno giovani, cascano nel vortice della tossicodipendenza e sono alcuni dei motivi per cui, in quel limbo, ci sono caduti, riuscendo col tempo ad uscirne, anche Giulia e Simone, che ieri, al teatro Jenco, hanno portato le loro testimonianze.

"Ero una ragazza normale – racconta Giulia – e sono caduta nel giro della droga. Dopo due anni di uso, mi sono innamorata di un ragazzo tunisino con cui, per ricevere le sostanze gratuitamente, ho cominciato a spacciare. Il problema, infatti, non è soltato la dipendenza, ma anche il giro di criminalità che c’è dietro, in cui è facile inciampare. Lo è perché non ci si rende mai conto di quanto sia grave la situazione. La droga ti assuefa, arrivando al punto di non avere più rispetto, per te stessa e per chi ti circonda. È una schiavitù che l’uomo può creare per se stesso, io mi drogavo proprio per non rendermi conto di ciò che mi circondava. Quando però ti accorgi che la tua vita non ha più un senso, perché tutto gira intorno alla droga, apprezzi le cose semplici che tutti gli altri fanno, come le passeggiate. Non sai però, quando ci sei dentro, come uscirne. Nel mio caso, è stato fondamentale essere colta in flagrante e l’incontro con le forze dell’ordine: una sera, su un argine, incontrai una macchina di carabinieri e polizia e quel giorno è stata la salvezza. Perché, dopo qualche contrasto, ho deciso di fidarmi e di entrare in comunità. Mi sono ripulita e ho ricominciato a vivere".

Anche Simone, 47 anni, capo utras, grazie all’assistenza della polizia e ad altri enti, è riuscito a salvarsi: "Il mio problema è stata una dipendenza che è durata oltre 30 anni. Ho cominciato a fumare le prime canne a 13 anni, quando ci sono stati dei problemi in famiglia, e sono poi passato alle pasticche e al crack. Avevo dei problemi e ho chiesto aiuto. Questo è il mio messaggio: ci sono molte porte a cui potersi rivolgere, come il SerD o le forze dell’ordine, se ne avete bisogno, fatelo. Chiedere aiuto non è un atto di debolezza, ma, semmai, di maturità".

Ed è infatti aiuto e assistenza quello che Giulia e Simone, come tanti altri, hanno trovato nell’arma dei carabinieri e nelle forze di polizia, rappresentate, ieri, dal maresciallo Piero Tocci, comandante della sezione radiomobile dei carabinieri di Lucca e dal commissario capo, dirigente della squadra mobile, Rossana di Laura che, con un video operativo in un laboratorio clandestino, ha inoltre esposto le sostanze chimiche utilizzate per arrivare al prodotto finito. Solventi tossici per l’individuo, sul piano organico e neurologico, come acido solforico, cherosene, ammoniaca e acetone, che vanno ad intaccare gravemente la salute dell’organismo.

Ascolto e soccorso che viene anche dagli uffici della prefettura, come il N.O.T, il nucleo operativo tossicodipendenze. "È un ufficio poco conosciuto – raccontano le assistenti sociali Laura Ferri e Roberta Bianucci – ma che è importante perché si coniuga la parte legale e quella di aiuto e bisogno per chi ne ha necessità. Per quanto poco conosciuto, arrivano però, all’anno, in media 500 persone, di cui metà sono sotto i 25 anni. Facciamo colloqui, considerando le sanzioni possibili nel caso di detenzione, e l’incontro con varie figure per decidere a chi rivolgersi che possa aiutare i ragazzi a superare il disagio e la dipendenza. Si valuta la situazione parlando e ascoltando in primis chi ci troviamo di fronte, senza criminalizzare e demonizzare".

Gaia Parrini