L’antipolitica e i suoi frutti avvelenati

Tommaso

Strambi

Poi, sì, c’è anche la crisi energetica che ci mette del suo, con la necessità di stare attenti a non consumare troppo gas. Basta solo organizzarsi un po’. Gestire il termostati in maniera intelligente (oggi, per essere à la page, si dice smart). Ma quanto denunciato dagli studenti del Chini e che La Nazione ha rivelato in anteprima nell’edizione di ieri attiene a qualcosa di diverso e più profondo. Sì perché le scuole superiori sono rimaste nel limbo di una riforma che doveva abolire le Province e che invece si è incagliata nelle sabbie mobili della politica. Come ci racconta Giulio Arnolieri nella pagina a fianco, quando in un istituto superiore si brucia una lampadina (e può capitare) per sostituirla bisogna che intervengano i tecnici della Provincia, perché il personale della scuola non può farlo autonomamente. Così, si sta al buio. Reale, e non solo. Perché tutto questo è il frutto avvelenato che, in questi decenni, ci ha lasciato l’antipolitica. Tagliare, tagliare e tagliare ancora. È stato il mantra di una stagione senza idee e senza visione. Che ci fosse da intervenire per ridurre gli sprechi, gestire in maniera più oculata e pragmatica le risorse pubbliche nessuno lo contesta. Anzi. In fondo ce lo hanno insegnato i romani (qualche buona lettura di “Istituzioni romane“ sarebbe decisamente consigliabile). Il problema è che chi si è fatto interprete di quel sentimento dell’antipolitica alla fine quando si è seduto sugli scranni dei Palazzi di Roma ha scoperto tutto il fascino e il potere che essa rappresenta. Un fascino avvolgente. Sinuoso. Inebriante. Il che ci sta anche. Il problema è che, in alcuni casi, sono bastati pochi click per ritrovarsi a Montecitorio o a Palazzo Madama. Ma la politica è qualcosa di più complesso. Non ci si può improvvisare. Occorre studiare, capire, approfondire e poi intervenire. Con concretezza e competenza. Perché altrimenti si finisce per creare dei cortocircuiti proprio come quello che sta mettendo al freddo e al gelo gli studenti del liceo Chini. Così è, se vi pare.