Il tempo è galantuomo ma non sempre

Il tempo  è galantuomo  ma non sempre

Il tempo è galantuomo ma non sempre

Paolo

Di Grazia

E quattordici anni, parlando di tempo, sono davvero un’enormità. Nel frattempo la vita è andata avanti. Delle famiglie si sono ricostruite, anche grazie a nuove nascite. Ma qualcuno invece non c’è più fra coloro che fin dall’inizio si erano battuti per avere verità e giustizia per i propri cari. Non ce l’hanno fatta a vedere la fine. E dopo tanto tempo il pensiero va anche a loro, oggi che si continua a perdere tempo. La Cassazione infatti non ha ancora fissato la data della udienza. Il fascicolo era rimasto bloccato per diversi mesi a Firenze in Corte d’Appello senza un apparente, valido motivo se non un generico "sovraccarico di lavoro degli uffici". Adesso il fascicolo è arrivato al Palazzaccio, a Roma. Ma ancora la data non viene fissata. E si continua a perdere tempo. Come accadde già all’inizio della storia quando di tempo se ne perse per fare l’incidente probatorio con tira e molla tra la zampa di lepre e il paletto di segnalazione. Poi si perse tempo nell’istruire il processo di primo grado con continui rinvii e rallentamenti, quando per mancanza di notifiche, quando appellandosi a una presunta incompatibilità territoriale della Corte. E poi le traduzioni in tedesco che non arrivavano e giornate intere ad ascoltare periti e consulenti sul tipo di vernice dell’assile. Un giochino che ha permesso di portare in prescrizione tre reati su quattro: incendio colposo, lesioni colpose e per ultimo anche l’omicidio colposo ‘spurgato’ dalla Cassazione dell’aggravante dell’incidente sul lavoro. Resta in piedi l’ultima accusa, quella del disastro ferroviario per la quale la prescrizione è ancora lontana a venire, a quanto pare. Però si continua a perdere tempo inutilmente. O forse neanche troppo inutilmente. "Vogliono aspettare che Moretti compia 70 anni così in caso di condanna gli eviteranno il carcere". E’ questo il pensiero dei familiari delle vittime. Come diceva Andreotti, a pensar male si fa peccato, ma spesso ci si indovina.