
Il Giardino della Libertà. Per non dimenticare mai
Dal fascismo alla democrazia, dal degrado alla rinascita. Con questo parallelismo simbolico si può leggere l’inaugurazione del Giardino della Libertà, il nuovo toponimo con cui, d’ora in avanti, sarà conosciuta l’area dell’ex Casa del Fascio riqualificata ad aprile dall’amministrazione dopo decenni di abbandono. Proprio il Comune ha voluto che il battesimo del Giardino coincidesse con le celebrazioni per la liberazione di Viareggio, il 15-16 aprile del 1944.
Ne hanno parlato a Palazzo delle Muse il sindaco Giorgio Del Ghingaro, il presidente dell’Anpi Luca Coccoli e lo storico dell’Isrec Filippo Gattai-Tacchi, che ha ripercorso le tappe che portarono alla liberazione della città, ormai 79 anni fa. "In quei giorni, Viareggio era come sospesa – ha spiegato –; il silenzio spettrale delle case sfollate nella primavera precedente si sommava ai cumuli di macerie dei bombardamenti alleati e delle fortificazioni naziste, preparate in previsione di un possibile sbarco angloamericano. Qualcosa però stava cambiando. Pisa e Lucca erano state finalmente liberate, il Serchio superato e la linea Gotica mostrava delle crepe". È in questo contesto che il 15 settembre "i primi avamposti partigiani della formazione Garosi si diressero in perlustrazione verso la nostra città e si insediarono nella Villa Rigutti, in via Leonardo da Vinci, sede del comando nazista. All’alba, anche i britannici avevano attraversato il Burlamacca assieme ai partigiani della ‘Canova’. Ci furono combattimenti al Marco Polo e alla Fossa dell’Abate". I liberatori si trovano di fronte una città fantasma. Perché "quel 16 settembre 1944 fu una sorta di seconda nascita per Viareggio, che si poneva alla fine di un percorso lacerante e dolorosissimo". L’occupazione tedesca si era infatti sommata ai devastanti bombardamenti alleati, che nella primavera precedente avevano portato all’evacuazione della città. L’ex Casa del Fascio, nell’area oggi divenuta giardino, fu usata come deposito delle bombe tolte dalla spiaggia, e finì per esplodere. L’area è rimasta un rudere, e un cantiere, fino alla svolta decisa Ghingaro.
DanMan