FRANCESCA NAVARI
Cronaca

Farmacia Di Ciolo ricorre al Tar: "La tutela storica limita l’attività"

Istanza al giudice contro il Piano operativo comunale che ha inserito l’edificio tra le realtà da vincolare .

L’ingresso della Farmacia Di Ciolo in via Carducci. Fu acquistata da Bruno Di Ciolo nel 1913, addirittura un anno prima che il paese diventasse Comune

L’ingresso della Farmacia Di Ciolo in via Carducci. Fu acquistata da Bruno Di Ciolo nel 1913, addirittura un anno prima che il paese diventasse Comune

Riconoscimento di un’attività come ’storica’: tutela identitaria o laccio alla libertà imprenditoriale? Attorno a questo interrogativo si dipana il ricorso al Tar presentato dai titolari della Farmacia Di Ciolo in via Carducci nei confronti di Comune e Regione per l’annullamento della previsione inserita nel nuovo Piano operativo che ha incluso anche quell’immobile tra gli ’esercizi storici’, con divieto di cambio di destinazione d’uso e di modifica del fondo "per la salvaduardia dell’identità culturale – è la filosofia dell’atto – e per garantire la presenza di attività commerciali ritenute necessarie allo svolgimento della vita sociale e di relazione". L’intendimento dell’amministrazione comunale è stato infatti quello di tutelare le attività del centro, incrementando il numero delle realtà ’storiche’: quindi oltre al Caffè Roma e al Caffè Principe (già previste in passato) sono state aggiunte pizzeria Da Valè, La Cestaia, Trattoria Tre Stelle oltre al ristorante Lorenzo, ristorante La Basca, Yachting Club, La Compagnia della Vela, cinema Nuovo Lido, Maitò e, appunto, la Farmacia Di Ciolo. Quest’ultima è stata così classificata come fabbricato E2 (storico) proprio in considerazione della sua nascita: fu acquistata da Bruno Di Ciolo nel 1913, addirittura un anno prima che il paese diventasse Comune ed è oggi annoverata fra le farmacie storiche della Regione Toscana. Come descritto nel sito ufficiale della farmacia "conserva al suo interno arredi, decorati con piccole maioliche e i vasi ornamentali originali di fine anni ‘20", rappresentando quindi una realtà davvero unica.

E se per il Comune quel bene è un valore da tutelare, i proprietari hanno invece depositato ricorso per eccepire una serie di aspetti. In primis i criteri di valutazione sulla scelta degli edifici da catalogare come ’esercizi storici’. Poi contestando l’illegittimità da parte del Comune (eccesso di potere) di prevedere nel Piano operativo anche una destinazione d’uso così precisa come quella a ’farmacia’, escludendo pertanto ogni uso diverso da quello attuale. Andando a ledere – secondo i legali dei ricorrenti – non solo il diritto di proprietà, ma anche la libera iniziativa economica dei privati.

Francesca Navari