Facce di Carnevale. Sabato in regalo per i nostri lettori un libro da collezione

Fiammeggiante reportage di street photography di Salvatore Matarazzo. Nel volume anche un racconto semi-storico tra realtà e fantasia. Non perdetevi l’occasione, ordinate già la vostra copia in edicola.

Facce di Carnevale. Sabato in regalo per i nostri lettori un libro da collezione

Facce di Carnevale. Sabato in regalo per i nostri lettori un libro da collezione

Segnatevi

in agenda sabato 16 marzo. E quel giorno non perdetevi l’edizione di QN-La Nazione. Con il vostro giornale, in edicola, troverete in regalo un libro fantastico, con le straordinarie foto delle persone in maschera ai corsi dell’ultimo Carnevale. Foto che esplodono tra cronaca e "follia" grazie all’arte di Salvatore Matarazzo, esponente della corrente artistica street photography. Il volume in regalo solo per i lettori di QN-La Nazione contiene una serie di ritratti immaginifici e un racconto carnascialesco. Un ensemble sospeso tra storia, attualità e fantasia.

Salvatore, cos’è la street photography?

"È una corrente, un genere fotografico in cui si tende a rendere straordinaria l’ordinarietà. La quotidianità viene esaltata nel suo aspetto ordinario per renderlo straordinario attraverso l’interpretazione delle fotografie".

In decenni di sfilate carnevalesche non abbiamo mai visto tutte insieme foto come queste.

"Una volta, lavorando per la stampa, facevo foto in chiave giornalistica. Poi ho iniziato a intepretare il Carnevale dal mio punto di vista, libero dai rigori della pubblicazione e dai vincoli dei redattori. Ho dato vita a un genere che ho proseguito per fare le foto della mia quotidianità".

Da dove viene l’ispirazione? Cosa ti attira? Come scegli i soggetti da fotografare?

"Mi attrae la fallibilità dell’uomo, sono stufo della bellezza obbligatoria e della finta realtà che vengono proposte dalla televisione e dai social. Oggi qualsiasi cosa viene mostrata solo nel suo lato bello. Invece io cerco di mostrare la relatà così com’è, esaltandola col mezzo fotografico, soprattutto con l’uso del flash. Si crea un’accelerazione della realtà che rende persone e volti iconici, come fossero scolpiti. Nelle mie foto, in generale, sono ricorrenti i vizi e il peccato. Mi piace far vedere un’umanità che non è perfetta né infallibile".

Però queste foto del Carnevale non sono belle. Sono bellissime. Perfino il non bello diventa straordinario.

"Più che bello lo rendo forte, d’impatto. Anche se c’è un aspetto della bellezza che è fotografico. Alla fine, in foto, tutti diventano belli".

Magari fosse così. Ma applicata al Carnevale, questa tecnica cosa produce?

"Il Carnevale è stato per me una delle prime scuole. Uscendo da un giornale sfruttai il Carnevale come scuola per crerare il mio stile, che si ispira ai fotografi americano come Mark Cohen e Bruce Gilden. Loro usavano questo flash nella fotografia di strada, che di solito si fa prevalentemente senza flash per non essere partecipi delle scene e nascondersi. Invece chi usa il flash entra nella scena gettandovi questa luce che è appunto il flash. Sono stato uno dei primi a usare questo metodo in Italia, creando un mio stile personale che si allontana molto da Cohen e Gilden".

Certe immagini sembrano scavare nel profondo, nella psiche dei soggetti.

"È un modo per interpretare la realtà, anzi per filtrarla. Tira fuori anche certi aspetti psicologici, cosa che però diventa più difficile quando si indossa una maschera. Un evento, in generale, dà un risultato artificioso, non c’è l’effetto sorpresa della persona che viene fotografata all’improvviso sulla strada. Durante gli eventi come il Carnevale viene estratto maggiormente l’aspetto estetico, si esalta la bellezza dei soggetti che diventano iconici e di impatto".

Viene da pensare ai cosplayer di Lucca Comics quando si mettono in posa.

"Invece non c’è nessun atteggiamento studiato. Faccio tutto in una frazione di secondo, all’improvviso, per tirare fuori un’immagine decisiva. Anche nelle foto verticali in cui i personaggi sono fermi, cerco di non lasciare loro il tempo di rendersi conto che vengono fotografati".