REDAZIONE VIAREGGIO

Da 42 anni al servizio della gente "Ma che paura al quartiere Diaz"

Il vice comandante Lorenzino Amati tra qualche mese andrà in pensione

Viareggio

Al comando di polizia municipale di Viareggio, quando si parla di dedizione e attaccamento al proprio lavoro, il pensiero non può che andare a Lorenzino Amati, celebrato ieri mattina dai colleghi e dall’amministrazione per i suoi 42 anni di servizio. È memoria vivente, Amati, che da ‘forestiero’ (è fortemarmino, nonché indomito tifoso dei colori bianconerazzurri) è riuscito a guadagnarsi la stima e il rispetto di una città intera.

Amati, come nasce la sua storia?

"Ho iniziato da ragazzo. Dovevo ancora partire per il servizio militare. A quei tempi, fare il vigile urbano significava partire dal basso: ti affiancavano all’anziano e dovevi cercare di recepire il più possibile. In quel modo si creava, e spero si crei ancora, uno spirito di corpo che ci ha sempre consentito di andare avanti con la nostra attività".

Com’è cambiato il lavoro?

"Ci siamo dovuti adeguare all’informatizzazione a cavallo tra i Novanta e i Duemila, che ha migliorato il nostro lavoro, e alla burocratizzazione, che presa insieme alla riduzione degli organici ha messo un po’ di pressione sui nostri uffici. Ma il cambiamento principale è stato nel rapporto con i cittadini: fino ai primi anni Duemila c’era un rapporto diretto, direi quasi familiare. La gente aveva un dialogo costante con noi: il vigile era colui che doveva far rispettare le regole, ma al tempo stesso è inserito nel tessuto urbano e quindi con lui si instaura un rapporto che è un po’ di rispetto e un po’ di amicizia. Adesso bisogna rispettare pedissequamente i protocolli, e i rapporti con i cittadini si sono raffreddati. Una volta era diverso. Ne potrei raccontare...".

Prego.

"A proposito della familiarità che si creava: feci una multa a un pistoiese che aveva parcheggiato al Piazzone. Venne a protestare; io mi girai e dietro di me avevo quattro negozianti. Sa cosa mi dissero? ‘O Lorè, se lullì ti rompe, ci si pesa noi’. Era una complicità unica".

Ne ha viste tante, in 40 anni…

"Una volta un ex pugile stava distruggendo un palazzo al quartiere Diaz. I primi ad arrivare fummo io e un mio collega. Mi mise con le spalle al muro e minacciò di uccidermi. Se il mio collega non gli fosse saltato addosso da dietro, oggi non sarei qui a raccontarlo. Provò a colpirmi per uccidere, mentre io cercavo di nascondere la pistola per paura che la usasse".

Daniele Mannocchi