VIAREGGIO
Sono storie di coraggio e determinazione, di impegno e di valore, verso la democrazia e la libertà, quelle che hanno scritto, spesso in silenzio, nascoste tra i boschi e dietro i nomi di staffette e battagliere, la storia della Resistenza. Sono i nomi delle donne che, con il traposto di viveri, messaggi, informazioni e armi, sono state parte fondamentale per la Liberazione dal nazifascismo: una partecipazione, spesso taciuta, invece riconosciuta, dal progetto “Resistenze, femminile plurale. Storie di donne in Toscana“, curato dalle storiche Ilaria Cansella e Francesca Cavarocchi, che hanno raccolto le biografie di 50 donne in un unico volume, tra cui quelle di tre donne, come Walkiria Pelliccia, Emilia Valsuani e Vera Vassalle, che, tra Camaiore, Viareggio e oltre le linee nemiche, sono state protagoniste silenziose della Resistenza.
Prese le difese di un anziano che si era rifiutato di rendere omaggio al gagliardetto fascista, ancora giovanissima, Walkiria Pelliccia, poi proprietaria dell’omonima Profumeria, figlia di Adiuto, giornalista de l’Avanti, tra i fondatori del Partito comunista e capo sindacalista dei panettieri di Viareggio, un uomo dai valori antifascisti, tramadati e vissuti dalla figlia che per il gesto di sfida commesso fu trasferita a Genova per tre anni da una zia. Tornò a Viareggio nel 1937, impiegata alla Profumeria Di Ciolo, uno dei negozi più rinomati della città, e dopo l’8 settembre 1943 aderì alla Resistenza come staffetta tra Camaiore e Viareggio fino alla Liberazione, mettendo a disposizione la sua conoscenza dell’inglese per la traduzione dei messaggi alleati di Radio Londra e riconosciuta, nel dopoguerra, come patriota nella formazione Garosi, e tra le principali animatrici della Croce Verde e della sezione viareggina dell’UDI.
Staffetta, e poi combattente, è stata anche Emilia Valsuani, nata a Camaiore nel 1924 da una famiglia di estrazione popolare e cresciuta con l’immagine del padre, di fede antifascista, vessato dai fascisti. Era quella Bandelloni, la sua formazione, con cui continuò a lottare, appena diciannovenne, anche quando la zona era ormai sotto il comando del IV Corpo d’Armata statunitense contro la ritirata aggressiva dei tedeschi: proprio in quelle creste montane fu ferita da una scheggia di un mortaio e morì, il 28 ottobre 1944, all’ospedale di Camaiore.
Era uno dei primi nuclei della resistenza locale, sorto per iniziativa del cognato Manfredo Bertini, quello cui prese parte Vera Vassalle, insegnante elementare, e protagonista, con il ruolo di emissaria, dell’operazione “Gedeone“, attraversando le linee nemniche per prendere contatti con gli alleati. Munita di una sola valigetta, che aveva al suo interno un prezioso apparecchio ricetrasmittente, Vera intraprese, dopo essere stata addestrata dall’Office of Strategic Service, un viaggio fatto di pericoli, fatica e ricerche, di collaboratori e contatti con le varie formazioni partigiane per trasmettere informazioni, tra di esse, su possibili obiettivi militari e sulle date di lanci alleati per i rifornimenti. Prese il nome di “Radio Rosa“, la missione cui fu prima promotrice Vassalle insieme al radiotelegrafista Mario Robello “Santa“, grazie a cui vennero inviati oltre trecento messaggi e ottenuti aviolanci a brigate partigiane toscane e liguri. Il 12 luglio 1944, a causa di una delazione, “Radio Rosa“ venne scoperta e i collaboratori, tra cui Vassalle e Robello, furono costretti a fuggire, senza però mai interrompere l’attività di resistenti e di attività sociali, anche dopo la Liberazione, quando Vassalle e Robello, sposatisi, si trasferirono a Cavi di Lavagna, dove lei, riconosciuta partgiana combattente con il grado di tenente, insegnò e morì nel 1985. Portando avanti, così come Pelliccia e Valsuani, i valori di libertà e resistenza, per cui hanno vissuto, combattuto e lottato.