Vincenzo, morto con l’ago in un bronco. La famiglia chiede un milione e mezzo all’ospedale

L ’istanza di risarcimento avanzata dai legali di parte civile. L’uomo era deceduto a 39 anni al Santa Maria della Misericordia durante le fasi preparatorie per un intervento al naso

Vincenzo Bosco, morto a 39 anni

Vincenzo Bosco, morto a 39 anni

Perugia, 29 febbraio 2024 – Oltre un milione e trecentocinquantamila euro di danni per i familiari di Vincenzo Bosco. È la richiesta avanzata tramite il loro legale, l’avvocato Sara Falchi, che ha citato come responsabile civile l’Azienda ospedaliera di Perugia, nell’ambito del procedimento per la morte del 39enne di origine romana, deceduto nella fase preparatoria di un intervento al naso. Sette i medici accusati di omicidio colposo, quattro anestesisti e tre otorinoaringoiatri tra i quali tre specializzandi.

Ora le difese potrebbero chiedere il giudizio con riti alternativa, decisione che le difese si sono riservate di formulare nella prossima udienza, fissata per l’11 aprile, quando sono previste anche le discussioni. Ieri, il gup ha respinto la richiesta di dichiarare inutilizzabili i verbali di sommarie informazioni rese da due medici, poi risultati indagati, in assenza del loro difensore. I verbali sono stati ammessi all’udienza preliminare. Vincenzo Bosco morì all’ospedale di Perugia il 22 aprile 2022. Doveva sottoporsi a un intervento di routine al naso. Al momento di iniziare la procedura per l’anestesia, il 39enne aveva iniziato a sentirsi male. Sospese le procedure, Bosco era stato sottoposto ad accertamenti che avevano evidenziato la presenza di un ago da insulina in un bronco.

Un corpo estraneo che, secondo i consulenti della Procura della Repubblica di Perugia, avrebbe complicato un quadro clinico già complicato. Secondo l’accusa, in ospedale sarebbero state compiute diverse negligenze nelle fasi del ricovero che sarebbero state poi determinanti per il decorso drammatico di un intervento banale, di fatto mai iniziato.L’intervento, per esempio, era stato già rinviato una volta perché Bosco era risultato positivo al Covid 19, ma questo dato non sarebbe stato comunicato. Proprio per la patologia pregressa, al paziente, secondo gli esperti della pubblica accusa, avrebbero dovuto eseguire una radiografia ai polmoni. Esame che avrebbe evidenziato l’ago e lo stato di grave infiammazione riscontrata in Vincenzo.

Di conseguenza, per l’accusa, l’intervento sarebbe stato rinviato. Invece, il presunto difetto di comunicazione ha dato il via libera all’esecuzione dell’operazione chirurgica, intervento mai iniziato perché, come detto, nella fase preparatoria, Vincenzo Bosco era andato in crisi respiratoria. Una situazione critica dalla quale non si era più ripreso, fino a morire. Gli indagati sono difesi dagli avvocati Cristina Zinci, Maria Bruna Pesci, Gianni Zurino, Giancarlo Viti, Delfo Berretti, Stefano Longo, Melissa Cogliandro e Ilario Taddei.