Roberto Conticelli
Cronaca

"L’Umbria piace perché è un’isola segreta"

Intervista a Vittorio Sgarbi sull’attuale boom turistico della regione. "Giotto e Menotti, passato e modernità. Tutto è nato qui"

Perugia, 15 agosto 2020 -  «No, l’attuale successo turistico dell’Umbria non mi sorprende affatto. Siamo, infatti, nella prima regione d’Italia, dove tutto è nato. Giotto è stato il primo grande artista moderno e la Basilica Superiore di Assisi ha per certi versi un’importanza culturale che supera quella, pure elevatissima, di San Pietro»: parole e musica (per le nostre orecchie) di Vittorio Sgarbi, conoscitore e frequentatore come pochi altri degli italici territori, anche di quelli solo apparentemente collocati al di fuori delle rotte del turismo massificato. Già, Sgarbi, lei dice bene. Ma resta pur sempre sorprendente scorgere in questi paraggi famiglie che un tempo privilegiavano mete esotiche e che ora invece, complice il covid, si mettono in fila alla Galleria Nazionale di Perugia o al Pozzo di San Patrizio di Orvieto... «Guardi che il viaggio in Umbria è, quello sì, un viaggio esotico in una terra misteriosa perfino nei suoi abitanti, dove arte e territorio si fondono e rimandano un ideale di armonia del quale evidentemente adesso abbiamo bisogno. E poi, mi creda, in alcune parti dell’Umbria si ha la netta sensazione di trovarsi in vere e proprie Capitali della cultura. Prenda la longobarda Spoleto che Menotti ha fatto diventare negli anni città universale, basta nominarla per avvertire subito il gusto elevato del bello, del tempo trascorso ma anche della modernità e perfino della trasgressione... ». Eppure ci saranno altre motivazioni, magari più terra terra, per condurre da queste parti ciò che vediamo in questi giorni, cioè non più la nicchia ma la massa. Quali sono? «I valori identitari di questa terra, non c’è dubbio. I paesaggi, come i piccoli borghi dell’Umbria, aprono infatti lo sguardo su tutte le prospettive della natura e delle realizzazioni umane, quelle che qui sono presenti da secoli. Le olive, il vino, il tartufo: anche in questo caso l’Umbria ha anticipato i tempi e non c’è stato bisogno di creare artificiosamente un qualche brand. La spontaneità di questa terra è la sua forza e la gente in fuga dalla reclusione del covid l’ha compreso immediatamente». Sgarbi, lei che la conosce palmo a palmo, quali itinerari particolari si sente di consigliare all’interno dell’Umbria? «Difficile non valutare unitariamente un territorio che è quasi un’isola segreta nell’Italia centrale, difficile anche perchè gli spunti naturali e artistici sono molteplici. Di recente però ad alcuni amici ho consigliato di approfondire la conoscenza di quella parte di regione che va da Bevagna a Montefalco, dove la gente, la straordinaria arte e l’ambiente parlano ancora oggi il linguaggio della grande storia passata». Tuttavia non mancano negatività, in primis i pessimi collegamenti con il resto d’Italia anche per via di infrastrutture non certo al passo con i tempi... «Attenzione, ho parlato di isola e in quanto tale l’isolamento diviene capacità attrattiva. Torniamo, se vuole, all’esotismo: le tortuose strade umbre che uniscono borghi millenari valgono il viaggio, tanto più nell’era di collegamenti fin troppo rapidi che non consentono di scorgere cosa c’è fuori dal finestrino. Il paesaggio umbro è già un qualcosa per il quale altrove dovresti acquistare un biglietto». Sgarbi, con quali occhi e quale spirito il turista deve avvicinarsi all’Umbria? «Più che al turista mi riferirei, piuttosto, al concetto di visitatore. L’Umbria la si visita con gli occhi dello stupore incantato, perchè l’arte sgorga ovunque, praticamente dietro ogni curva. E da ogni suo colle vale la pena lasciare libero lo sguardo poichè così ti senti dentro la storia, impastato con essa e finalmente in pace con l’uomo. Poi non c’è il mare, per fortuna, quello per una volta lasciamolo ai tipi da spiaggia».