
L’INCHIESTA Nuovi particolari dalle intercettazioni sul caso-Umbria Mobilità
Perugia, 8 maggio 2016 - «SEI MILIONI significherebbe mandare a puttane l’azienda anche se gliene toglie tre soli, o due e mezzo, perché gli altri li toglie a Trenitalia sarebbe tutto un bordello»: ballano, anzi «traballano» sei milioni di euro nelle casse della Regione Umbria sul trasporto pubblico. Soldi che, a cascata, avrebbero penalizzato anche i finanziamenti alle aziende di trasporto, a cominciare da Umbria mobilità i cui dati inviati all’Osservatorio del Ministero avrebbero prodotto una penalizzazione del 10% sul trasferimento di fondi pubblici dallo Stato alla Regione. Perché il rapporto sul ‘vituosismo’ inserito dal 2012 dal Governo, vuole che, per evitare la penalità, che le Aziende dimostrino l’aumento del 2% sui ricavi reali, rispetto alla quota di finanziamento pubblico.
ED È PER QUESTO che Franco Viola, allora Ad di Umbria Mobilità Esercizio, società del Gruppo Busitalia – Sita Nord, e ora Ad di Busitalia Veneto, si muove – secondo l’attuale ipotesi di accusa avanzata dalla procura – in ogni direzione per cercare di rettificare i numeri del 2012. Secondo gli indagati semplicemente una diversa interpretazione delle poste da inserire, per la procura un reato. Quello che gli investigatori della squadra mobile – coordinati dal pm Manuela Comodi – registrano in quindici giorni sono centinaia di chiamate al vertice per tentare di oliare il meccanismo attraverso contatti con dirigenti e funzionari di regione, ministero e Trenitalia. Chiamate che arrivano – stando all’informativa depositata al tribunale – fino al ministro Graziano Delrio al quale proprio Renato Mazzoncini, ora numero uno di Trenitalia, fa presente che con questo meccanismo «gabola» le regioni piccole vengono penalizzate e ottiene l’impegno a riscrivere il decreto.
NELL’INCHIESTA, nata sulle ceneri dell’indagine sui conti in rosso di Um, ci sono indagate una decina di persone tra cui Viola (difeso dall’avvocato Maria Mezzasoma), Mazzoncini (all’epoca Ad di Busitalia), l’attuale presidente Um, Lucio Caporizzi, la segretaria Lucilla Pittoni (difesa dall’avvocato Francesco Falcinelli) e poi alcuni tra dirigenti e funzionari degli enti coinvolti. Le ipotesi di accusa sono truffa aggravata ai danni dello Stato e concorso in falso.
Completamente differente la ricostruzione difensiva: «Innanzitutto – spiega l’avvocato Luca Gentili che assiste Caporizzi – è contestato un reato senza testa. Stiamo parlando di un travaso di denaroda un ente pubblico ad un altro: quei soldi possono essere bloccati o recuperati. Quanto alla ‘contabilità creativa’ – spiega il penalista – non è stato alterato alcun dato ma l’interpretazione semmai che è stata posta all’attenzione del Ministero. Se quello era il modo per truffarli? Io non lo dico al truffato come intendo truffarlo. In questa indagine c’è stato un sequestro probatorio su un’ipotesi investigativa – la prendiamo come tale – che non deve necessariamente proseguire, se questi sono gli atti su cui si fonda».