Truffa sui carburanti: cinque ai domiciliari

Sequestro preventivo di denaro, beni mobili e immobili, compendi aziendali e depositi petroliferi a carico di 12 soggetti e 7 società: 15 milioni

Cinque persone agli arresti domiciliari. Il sequestro preventivo a carico di 12 persone e 7 società di denaro, beni mobili e immobili, compendi aziendali e depositi petroliferi per oltre 15 milioni di euro. Le accue: associazione a delinqurere finalizzata alla frode fiscele, mediante l’emissione e l’utilizzo di fatture per operazioni inesistenti, e trasferimento fraudolento di valori. E’ il bilancio dell’operazione condotta dal Gruppo d’investigazione sulla criminalità organizzata del Nucleo di polizia economico - finanziaria e dal personale dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli di Perugia, su delega della Procura, coordinata da Raffaele Cantone. Il sodalizio operava nel commercio dei carburanti per autotrazione, mediante una serie di società dislocate intutta Italia. L’indagine nasce da accertamenti di Guardia di Finanza e Agenzia delle Dogane: gli agenti hanno puntato gli occhi sulle transazioni economiche poste in essere da operatori del settore, "particolarmente esposto a rischi di frode – sottolinea la Procura – , a tutti i livelli della filiera commerciale,dall’approvvigionamento alla distribuzione, e spesso oggetto di attrazione per gli affari illeciti della criminalità organizzata".

L’inchiesta si è avvalsa di intercettazioni telefoniche, interrogazione di banche dati, acquisizione ed esame di documentazione amministrativa, contabile e bancaria: un’attività che ha consentito di individuare un sistema di evasione dell’imposta sul valore aggiunto incentrato su due depositi petroliferi ubicati in provincia di Perugia (a Città di Castello e sul Trasimeno) e riconducibili, l’uno a un imprenditore umbro (di Corciano), l’altro, a un pregiudicato calabrese. Quest’ultimo, già sottoposto alla sorveglianza speciale di pubblica sicurezza, in quanto ritenuto contiguo ad una cosca di ‘ndrangheta, secondo gli inquirenti sarebbe promotore e organizzatore dell’associazione. Un ruolo importante, sottolineano dalla Procura, è stato rivestito anche da un pregiudicato campano, attualmente detenuto, già coinvolto in altre indagini riguardanti clan camorristici con interessi nel settore del commercio di prodotti petroliferi, nonché da un imprenditore siciliano emerso in precedenti contesti investigativi.

"Il meccanismo fraudolento – spiega la Procura – si è rivelato articolato secondo il classico schema della “frode carosello”.

Nel dettaglio, il prodotto petrolifero di provenienza ’unionale’ giungeva da un deposito costiero veneto alle società perugine, autorizzate ad operare come “destinatari registrati”, qualifica che consente di ricevere il prodotto in sospensione delle accise e dell’imposta sul valore aggiunto e di effettuare cessioni, senza applicazione dell’iva, ma solo a operatori commerciali in possesso di requisiti di affidabilità e dietro presentazione di polizze fideiussorie a garanzia del pagamento dell’imposta. Presso i depositi delle società umbre, il carburante veniva “nazionalizzato”, assoggettato, cioè, ad accisa e, contestualmente, ceduto a una serie di società “cartiere”, senza addebito dell’Iva, pur se le stesse erano evidentemente prive dei prescritti requisisti di affidabilità e a fronte di polizze fideiussorie false. A loro volta – dicono gli inquirenti –, le società cartiere, scatole vuote fittiziamente interposte nelle transazioni commerciali, rivendevano il prodotto a clienti terzi con addebito dell’imposta, che veniva incassata ma non versata all’Erario". E l’evasione dell’iva consentiva l’immissione sul mercato dei prodotti petroliferi a prezzi “fuori mercato”.

Nei confronti di alcuni degli indagati, già destinatari di provvedimenti restrittivi emessi nell’ambito di precedenti procedimenti penali nonché di misure di prevenzione, sono emersi gravi indizi di colpevolezza in ordine al trasferimento fraudolento di valori: al fine di eludere le disposizioni di legge in materia di misure di prevenzione patrimoniale e, quindi, sottrarre il proprio patrimonio a eventuali provvedimenti ablativi, hanno, nel tempo, compiuto una serie di atti e operazioni di fittizia interposizione, operando quali soci occulti e amministratori di fatto nelle società formalmente intestate a prestanome.

Nei confronti di 7 società sono emersi profili di responsabilità amministrativa per i reati commessi nel loro interesse e a loro vantaggio da soggetti che, al loro interno, hanno rivestito funzioni di rappresentanza, amministrazione e direzione. Ritenuto fondato l’impianto accusatorio formulato dal pm, all’esito delle articolate indagini di polizia giudiziaria, il giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Perugia, sussistendo il pericolo di reiterazione dei reati ed evidenziando la "commistione di interessi ed il coinvolgimento nel settore investigato di soggetti appartenenti alla criminalità organizzata di stampo mafioso in contatto con alcuni degli indagati", ha disposto le misure cautelari.