Tornano i Ceri, simbolo della fede. E della vita

Cresce l’attesa, e non solo a Gubbio, per la prima vera manifestazione ’di popolo’ dopo due anni di stop forzato a causa della pandemia

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Finalmente ed al momento opportuno "Via Ch’Eccoli"! Dopo due anni di attesa, dolorosa e sofferta, attenuata dalla consapevolezza di riuscire tutti insieme a contenere e neutralizzare l’insidia di una epidemia sanitaria che ancora oggi richiede responsabile attenzione, ritorna domenica 15 maggio la Festa dei Ceri sia per rinnovare, in maniera singolare e suggestiva, straordinaria e coinvolgente il tradizionale tributo di amore e di devozione al Patrono S.Ubaldo che richiamare, come sottolineato nel corso dei secoli, i valori insiti nell’insegnamento ubaldiano di cui la società ha bisogno per ritrovare armonia, fiducia, futuro.

L’omaggio al Patrono lo descrive in chiave lirica il poeta Umberto Marvardi con "I Ceri": "Ed essi, in devozione; t’alzano grati i ceri della fede;mentre cantano a festa le campanee i ceraioli gl’inni della gioia…..".

La “pausa“ forzata degli ultimi due anni ha aiutato tutti a comprendere, soffrendone la "privazione", i contenuti più nobili di una giornata speciale, sintesi autentica della storia, dei valori e dei sentimenti civili e religiosi di un popolo che trova la sua esaltazione soltanto nel rinnovo della celebrazione nei tempi consacrati da calendario e tradizione. Ce lo ricorda ancora un grande poeta dialettale eugubino, il "maestro" Piero Radicchi con "I Ceri". "I Ceri ènno passione, ènno alegria ènno slancio, chiarezza e confusione,ènno odio e amore, gioia, ènno pazzia,incanto e vanto de ‘nna tradizione".

Il loro “ritorno“ autorizza però a sperare che ci sia tempo e modo per "riattualizzare" valori di cui la società tutta ha bisogno: appunto pace, solidarietà, amicizia, fratellanza, concordia, riconciliazione. Come già avvenuto nelle due precedenti circostanze della forzata assenza: 1916-1918 durante la Prima guerra mondiale, con l’intervallo della celebre Festa dei Ceri nelle trincee del Col di Lana, svoltasi il 15 maggio 1917 capace di farsi largo, di riuscire a pacificare tutti anche se per un giorno; dal 1941 al 1945, seconda guerra mondiale, pur con la "consolazione" dei "Ceri mezzani" (1942-43 nel giorno di S.Ubaldo). "Con entusiasmo indicibile ieri ebbe luogo la tradizionale e la geniale festa che da tre anni ormai più non esaltava, come sa esaltarla, l’anima eugubina. Nella corsa vertiginosa i Ceri passarono come simbolo di pace e di gioia riconquistata; simbolo augurale di concordia cittadina", Così un cronista del tempo ha descritto il "ritorno" della Festa il 15 maggio 1919, quando erano ancora profonde le ferite del conflitto mondiale, ma tutti guardavano avanti decisi a concorrere, ciascuno per la propria parte, a rilanciare città e nazione. Significativo anche quanto ci regala Flaminio "Nino" Farneti nel suo ricordo del 15 maggio 1946 in "Capodieci vent’anni": "Si sentiva un bisogno forte di uscire dal terrore che per troppo tempo aveva invaso la nostra vita, di tornare finalmente a vivere un giorno di gioia piena e solidale. Quaranta Martiri trucidati tutti insieme, più tutta una serie di morti, in guerra o in occasioni ad essa collegate; una sofferenza che doveva finire e nulla più della Festa dei Ceri sarebbe riuscito a segnare degnamente la fine dell’orrore e la ripresa della vita".

La “vita“ nella sua più ampia accezione, è l’inno più alto che i Ceri innalzano al mondo. Leggete quanto ha scritto il celebre fotografo Steve Mc Curry nella presentazione della sua mostra "Ceraioli of Gubbio": "Pensavo di vedere tre santi ed ho visto tre ceri, pensavo di vedere una città ed ho visto un popolo, pensavo di vedere una festa e ho visto la vita". Calandoci ai nostri travagliati giorni, la "Festa dei Ceri" ritorna a proposito a rianimarci e ricordarci la meta finale della sua esplosione di gioia e di fede

g.bedini