Terremoto due anni dopo, i numeri dicono: «E’ una ricostruzione a scartamento ridotto»

La testimonianza: «E’ tutto come prima, il cimitero, la chiesa e i fontanili: tutto rotto»

Resta ancora molto da fare per ripartire

Resta ancora molto da fare per ripartire

Perugia, 30 ottobre 2018 - Due anni dopo il terremoto, sono appena mille le pratiche presentate per la ricostruzione leggera e pesante. In tutto se ne attendono circa novemila. A ventiquattro mesi dalla ‘botta’ tremenda che ha sconvolto le comunità di Norcia, Preci e Cascia, i numeri della ripartenza fanno impressione. A Castelluccio, borgo-simbolo della distruzione inflitta dal sisma del 30 ottobre, c’è «una catasta di sassi».

Urbano Testa, presidente del Comitato civico di Castelluccio, non usa mezzi termini. In poche durissime parole fotografa lentezze e manchevolezze. Lo fa nel giorno in cui le istituzioni tagliano il nastro del cosiddetto ‘Deltaplano’, l’area che dovrà provvisoriamente ospitare le attività delocalizzate del paese. «Questo – sostiene Testa – è il penultimo passo prima della morte di Castelluccio. Una morte voluta», aggiunge rincarando la dose. «Quel poco che si è fatto – continua – è stato fatto male». Il riferimento è proprio alla struttura del ‘Deltaplano’, chance di rinascita per otto ristoranti, un bar e altri servizi. «Il problema – dice il presidente del Comitato civico – è che non c’è un parcheggio. Ci saranno al massimo cinquanta posti che non servono a nulla». Tornando alla ricostruzione che non decolla, Testa evidenzia una realtà ancor più angosciante: «Castelluccio è un paese totalmente distrutto, qui si parla solo di demolizioni e sul fronte della ricostruzione non si è fatto nulla. Non è cambiato niente – insiste –, è tutto come due anni fa. Il cimitero, la chiesa, i fontanili. E’ tutto rotto come allora».

Anche la viabilità, fatta eccezione per la strada provinciale «477» ripristinata nei mesi scorsi, presenta grosse criticità. I pochi residenti aspettano ancora le otto Sae, soluzioni abitative di emergenza. I lavori di urbanizzazione sono partiti di fatto soltanto adesso. «Non sapevano dove metterle – ipotizza Testa – eppure qui ci sono zone edificabili». Ad oggi nell’area del ‘cratere’ sono quattrocento i cantieri aperti, ottanta quelli chiusi. Troppo poco per chi in una manciata di attimi si è ritrovato senza niente e ora prova a ricominciare. Ma la gente della Valnerina è forte e resiliente.

A Castelluccio in questi lunghi e difficili mesi nessuno ha abbassato la testa. Tra battaglie e proteste, c’è chi ha messo in piedi un vero sistema di accoglienza. Si chiama ‘Zona Cesarina’. «Il nome – precisa Testa, tra i promotori dell’iniziativa – prende spunto dall’espressione calcistica, zona Cesarini, che indica i minuti conclusivi di una partita». Si tratta in fin dei conti di un container donato da un benefattore e trasformato in uno spazio aggregativo con cucina: «Abbiamo offerto quattromila pasti alle persone che sono venute a trovarci in questo periodo», racconta Testa con soddisfazioneo. Un modo per stare insieme e allontanare il rischio che Castelluccio possa trasformarsi in una sorta di paese-fantasma.

Chiara Santilli