
C’è un legame tra i terremoti che scuotono l’Appennino e la presenza di anidride carbonica nelle falde: i campionamenti fatti negli ultimi dieci anni, anche in occasione dei grandi terremoti dell’Aquila, di Amatrice e Norcia, dimostrano che la CO2 raggiunge la sua massima concentrazione quando l’attività sismica si fa più intensa. La scoperta è pubblicata sulla rivista Science Advances dall’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (Ingv) e dall’Università di Perugia. "Dai dati emerge una forte correlazione tra la quantità di anidride carbonica di origine profonda disciolta nelle acque e il numero e la magnitudo dei terremoti, ma non sappiamo ancora se l’aumento dell’emissione di CO2 è un segnale anticipatore: per verificarlo, l’Ingv ha finanziato un progetto specifico che, fra l’altro, tenterà il monitoraggio continuo nel tempo dell’emissione di CO2", spiega Carlo Cardellini dell’Università di Perugia. "Per quanto le relazioni temporali tra il verificarsi di un evento sismico e il rilascio di CO2 siano ancora da approfondire - precisa Giovanni Chiodini dell’Ingv - in questo studio ipotizziamo che l’evoluzione della sismicità nella zona appenninica sia modulata dalla risalita del gas che deriva dalla fusione di porzioni di placca che si immergono nel mantello".