
Un parere medico certifica patologie "che hanno di fatto ridotto all’impotenza", l’ex prete di San Feliciano, Vincenzo Esposito in carcere con l’accusa di prostituzione mimorile.
Così, nell’istanza di scarcerazione depositata ieri dal suo legale Renato Vazzana, l’ex parroco chiede al giudice di uscire dal carcere. Vuole tornare libero, don Vincenzo Esposito o - in subordine- essere messo agli arresti domiciliari ma nella stessa abitazione attaccata alla chiesa del piccolo borgo lacustre che qualche giorno fa i ladri hanno messo a soqquadro.
Nelle motivazioni addotte c’è anche la privazione dei supporti telematici perché senza cellulare, connessione ad internet e computer l’ex frate minore non potrebbe cercare di contattare i minorenni chiedendo immagini pedopornografiche in cambio di soldi, così come riportato nelle accuse con cui il gip palermitano Fabio Pilato lo ha arrestato dieci giorni fa. "Le patologie riguardanti lo stato di salute dell’indagato – è scritto nella richiesta di scarcerazione - costituiscono chiaro ed evidente impedimento alla messa in atto di qualunque (atto sessuale) a riprova di ciò si allega certificazione rilasciata dal medico curante il quale su richiesta della difesa ha dichiarato che padre Vincenzo Esposito affetto da gravi problemi come il diabete mellito che lo hanno di fatto ridotto all’impotenza, oltre ad ulteriori patologie".
Secondo la difesa non solo il prete non sapeva che i ragazzi fossero minorenni, ma non è stato dimostrato cosa avvenisse realmente nelle videochiamate tra il prete e i quattro ragazzi di Termini Imerese, "è evidente l’assenza di richieste da parte dell’indagato di atti sessuali indirizzate ai minori". Dalle intercettazioni emerge – secondo la difesa – una mera richiesta di videochiamata. Non vi è pertanto - scrive il legale – alcuna prova dalla quale si evinca a chiare lettere ciò che di fatto avveniva nelle videochiamate, non potendo evincersene l’oggetto dalle sole affermazioni contenute nelle conversazioni precedenti o successive alle stesse videochiamate". Il prete "non ha mai richiesto delle videochiamate, del cui contenuto per di più non vi è prova. Sono sempre stati i minori ad effettuare videochiamate o ad inviare i video, dei quali non è tanto dato conoscere l’effettivo contenuto né tantomeno l’identità dei soggetti coinvolti negli stessi". E vengono riportati alcuni stralci delle conversazioni intercettate in cui secondo la difesa "appare evidente che non vi è prova dell’identità dei presunti minorenni con le persone che di fatto erano coinvolte nei video", fatto da cui la difesa fa discendere "che padre Vincenzo Esposito non poteva avere contezza della minore età dei ragazzi". E infine c’è quella che viene definita "la condotta estorsiva dei ragazzi" che sotto minaccia di denuncia, richiedono denaro in cambio del silenzio. Nell’ordinanza sono riportate alcune conversazioni in questo senso: "Manda 100 euro perché io la sto andando a denunciare!… Io questa chiamata ora io la vado a denunciare"… "mi mandi 50 euro che non denuncio nessuno". E ancora: "Va inoltre precisato che le allusioni alla sfera sessuale oggetto delle conversazioni captate non posso essere idonee ad individuare il contenuto delle videochiamate – scrive la difesa – né conseguentemente possono ritenersi tali da integrare la fattispecie". Ora sarà il giudice a decidere se far tornare libero - o ai domiciliari - il prete. Sara Minciaroni