REDAZIONE UMBRIA

Piampiano, lettera ai cacciatori "Non restate in silenzio"

Nuova stagione venatoria alle porte, familiari e amici del giovane ucciso in un incidente venatorio chiedono una presa di posizione su quanto accaduto.

Piampiano, lettera ai cacciatori "Non restate in silenzio"

Nuova stagione venatoria alle porte e i familiari e gli amici di Davide Piampiano (nella foto), il giovane ucciso in un incidente di caccia, chiedono una presa di posizione dei cacciatori su quanto accaduto. In particolare nei confronti di Piero Fabbri, dal fucile del quale, giusto otto mesi fa, erail pomeriggio dell’11 gennaio, è partito il colpo che ha spezzato la vita del ragazzo, nella zona del fosso delle Carceri, nell’area del monte Subasio. "E’ tempo di preparativi per la nuova stagione venatoria che è alle porte e la mente non può che ricordare come anche Davide in questo periodo fosse entusiasta, nonostante il parere contrario di tutta la famiglia, per l’imminente riapertura della caccia, che vedeva come momento di svago, di aggregazione e di condivisione di esperienze con quelli che riteneva essere suoi amici" scrivono nella ‘lettera aperta’ (che vede come prima firmataria la sorella Valeria). Missiva nella quale viene evidenziato il comportamento assunto da Piero Fabbri, l’uomo di 57 anni, cacciatore che, dopo aver sparato e colpito mortalmente Davide, invece di chiamare i soccorsi si preoccupa di depistare le indagini, scaricando la carabina del giovane mentre era in agonia, nascondendo il proprio fucile e la giacca e sostenendo al telefono che ragazzo, ancora vivo e cosciente, si era sparato da solo. Versione drammaticamente sconfessata dalle immagini e dall’audio della videocamera che Davide portava sopra la testa.

"A fronte di un comportamento così grave – dicono - non solo non hanno preso alcuna posizione molti dei cacciatori della sua squadra, né le altre squadre, ma, circostanza ancora più grave, non vi è stata alcuna presa di posizione da parte delle diverse Associazioni dei cacciatori. Ciò nonostante che il comportamento di Piero Fabbri leda in maniera gravissima l’immagine di tutta la categoria che le associazioni medesime sono chiamate a rappresentare. Un silenzio che dice molto, anzi moltissimo".