
C’è anche il contributo dell’Università di Perugia in uno studio che apre nuove speranze di una terapia per il morbo di Parkinsons che colpisce almeno 400mila italiani. Con l’obiettivo di riuscire a intervenire con un trattamento risolutivo nelle primissime fasi della grave malattia neurologica, così da arrestarne il decorso. La speranza è la proteina Alfa-sinucleina, protagonista di uno studio, in pubblicazione sul numero di novembre di “Brain“, frutto della collaborazione di un pool di università (tra cui appunto l’Ateneo cittadino), Irccs ed enti di ricerca italiani coordinati dal professor Paolo Calabresi. Il lavoro è andato a indagare i meccanismi con i quali l’alfa-sinucleina anomala si organizza e interferisce con la comunicazione tra neuroni, per portarli a una distruzione irreversibile (neurodegenerazione).
"Per studiare questi aspetti – spiega Calabresi – è stato messo a punto un modello animale molto precoce e progressivo di malattia di Parkinson e siamo riusciti a individuare i meccanismi attraverso i quali l’alfa-sinucleina alterata determina le prime manifestazioni della malattia". La speranza è che questo "possa portare a scoprire nuove strategie terapeutiche, quali anticorpi monoclonali in grado di contrastare la diffusione della proteina". Insomma l’alfa-sinucleina rappresenta una nuova frontiera per la ricerca di una terapia (e potenzialmente di una cura) per la malattia di Parkinson, non più basata solo su farmaci che alleviano i sintomi, ma su terapie in grado di ritardare o bloccare la progressione della malattia". Per avere successo è fondamentale disporre di strategie di diagnosi precoce.
S.C.