Paolo Rossi, "così lo portai a Perugia con 400 milioni"

L’imprenditore Mignini, amministratore delegato di ‘Pasta Ponte’, fu il primo a sponsorizzare una società di calcio in Italia

La figurina "Panini" di Paolo Rossi con la maglia del Perugia

La figurina "Panini" di Paolo Rossi con la maglia del Perugia

Perugia, 11 dicembre 2020 - "Senti Marino, perché non organizziamo una bella sponsorizzazione con il Perugia calcio?". Così, durante una cena tra amici – racconta l’imprenditore Marino Mignini all’epoca ad e direttore generale del Molino Pastificio Ponte – è nata l’idea che ha poi portato, di fatto, alla prima operazione di marketing del genere nella storia del calcio italiano».

Una intuizione brillante realizzata con non poche difficoltà.

«Infatti. Alla prima uscita del logo Ponte, nell’agosto del 1979, sulle maglie dei giocatori e al centro del campo al Curi dove era stato ricavata con una precisa rasatura, seguì immediata una multa da 20 milioni di lire», ricorda Mignini che versò nelle casse del Grifo 400 dei 500 milioni di lire per l’acquisto di Paolo Rossi.

«La Federazione italiana gioco calcio la motivò con un uso improprio del marchio. La Figc infatti consentiva all’epoca di mettere sulle maglie dei calciatori solo i loghi tecnici. In pratica i marchi di chi produceva le divise sportive».

Come ne usciste?

«In dieci giorni mettemmo in piedi una nuova società, la Ponte Sportswear che produceva appunto abbigliamento sportivo. Così, grazie a quell’escamotage potemmo dare vita alla sponsorizzazione che consentì al Grifo di soffiare Rossi alla Juventus. Anche se con lui all’inizio avemmo comunque dei problemi».

Quali?

«Era legato da un accordo commerciale esclusivo alla Polenghi Lombardo che, di fatto, gli impediva di indossare altri marchi. Mi occupai personalmente del problema riuscendo a far rescindere quel contratto e fu così che anche lui potè poi vestire la maglia ’Ponte’».

Che ricordi ha di Paolo Rossi?

«Era una persona molto gentile e sempre disponibile alle varie iniziative. Un aneddoto? Ricordo che si presentò alle visite mediche indossando dei pantaloni corti. Pensai divertito che a Torino Boniperti glielo avrebbe certo fatto notare...».

Insomma non solo trovaste il modo di sdoganare le sponsorizzazioni nel calcio ma inventaste anche il merchandising. A proposito rimase soddisfatto della sua scelta?

«Fu un successo enorme. Ci fece balzare subito nelle prime posizioni della grande distribuzione, secondi solo alla Barilla. Tanto che nell’85 vendemmo l’azienda in 20 giorni alla Danone perchè era un marchio superinomato. La Ponte era diventata la miglior pasta d’Italia nel rapporto qualità-prezzo».