
La vittima, Anna Maria Cenciarini
Città di Castello (Perugia), 4 gennaio 2015 - La svolta nell’inchiesta era attesa da giorni. Ed è arrivata. È stato arrestato e rinchiuso nel carcere di Perugia Federico Bigotti, il ventunenne accusato di aver ucciso a coltellate la mamma Anna Maria Cenciarini, 55 anni, mentre erano da soli nel casolare isolato in località Varesina, sulle colline di Città di Castello.
Il provvedimento, aggravato anche dalla crudeltà e dai maltrattamenti, è arrivato sei giorni dopo l’omicidio: il ragazzo era stato indagato all’indomani della tragedia, quindi ‘affidato’ al padre e al fratello Christian che per quasi una settimana lo ha ospitato in casa. È qui che i carabinieri si sono presentati verso le 18 di sabato sera e, con la notte già scesa, hanno prelevato Federico, lontano da sguardi indiscreti, per portarlo nel carcere perugino di Capanne.
Nell'ordinanza di custodia cautelare la Procura ipotizza i reati di omicidio e maltrattamenti in famiglia. La versione del suicidio raccontata da Federico, che sin dai minuti successivi al dramma era apparsa inverosimile, è stata definitivamente sconfessata dai primi risultati dell’autopsia. Nel silenzio della sua atroce morte è stato il corpo di mamma Anna Maria a «raccontare» la verità. Le dieci ore di esame autoptico hanno evidenziato un’uccisione brutale, un vero e proprio massacro, ma anche maltrattamenti pregressi.
La mattina del 28 dicembre la donna è stata colpita alle spalle, in cucina, mentre era ancora in pigiama. In casa, a quell’ora, c’erano solo lei e il figlio ventunenne. Ferite mortali alla gola (una le ha rescisso la carotide), profondi tagli al petto e intorno al cuore, ferite al mento e alle mani che parlano di un disperato tentativo di difesa. In tutto una decina di fendenti sferrati con un coltello da cucina, alcuni dei quali potrebbero essere stati inferti anche quando lei era già morta.
Lo rivelano, appunto, i primi risultati dell’autopsia racchiusi nella relazione preliminare depositata in Procura il 31 dicembre scorso. Tanto che nel capo d’imputazione emesso dalla Procura di Perugia si contesta l’aggravante della crudeltà «per aver continuato a colpire la vittima con numerose coltellate mentre la medesima, priva di difese e non in grado di opporsi alle ferite mortali, versava già in stato agonico».
Sempre la Procura formula l’accusa dei futili motivi, «consistiti in una discussione familiare» nell’ambito dei maltrattamenti ai quali il giovane sottoponeva già da tempo la madre. La donna, in un’occasione, sarebbe stata selvaggiamente picchiata dal figlio anche con un manico di scopa. Sin dall’inizio, gli inquirenti non avevano creduto alla versione di Federico.
Il ragazzo aveva infatti raccontato di aver sentito la madre urlare mentre lui era in camera (dove aveva fumato dell’hashish), di essere sceso in cucina a vedere cosa stesse accadendo, di aver visto la madre che si stava accoltellando da sola e di non essere riuscito a fermarla. In preda allo choc, Federico ha raccontato poi di essere tornato in camera dove si è chiuso, si è cambiato e ha chiamato il babbo Antonio Bigotti e il fratello Christian che erano al lavoro. Solo al loro arrivo è partita la richiesta al 118 mentre il figlio maggiore tentava disperatamente di rianimare la mamma, purtroppo già morta. Uccisa per mano di quel ragazzo che sognava di fare il calciatore o il comico, ma che è finito in carcere.
«Federico ha bisogno di aiuto, chiederemo l’intervento di uno psichiatra», dicono i suoi legali Vincenzo Bochicchio e Francesco Areni, che gli hanno fatto visita nel carcere perugino.