'Ndrangheta, le mani delle cosche in Umbria su droga e cantieri

Decine di arresti e sequestri per diversi milioni sia in Calabria che in Umbria

Una volante della polizia

Una volante della polizia

Perugia, 12 dicembre 2019 - Ventisette arresti e sequestro di beni per circa 10 milioni di euro nei confronti di appartenenti alle cosche Trapasso e Mannolo di San Leonardo di Cutro e Commisso di Siderno, che hanno evidenziato "significative proiezioni" in Umbria, dove avevano impiantato un fiorente traffico di droga e condizionavano attività edili.

E' il bilancio dell'operazione condotta dalla la Polizia, Servizio centrale operativo, Squadre Mobili di Perugia, Catanzaro e Reggio Calabria sotto la direzione delle Procure distrettuali di Catanzaro e Reggio Calabria. L'operazione della Dda di Catanzaro, denominata ''Infectio'', condotta dal Servizio centrale operativo e dalle Squadre mobili di Perugia e Catanzaro, ha determinato l'emissione da parte del gip di 23 misure cautelari (20 in carcere e 3 ai domiciliari) nei confronti altrettanti soggetti, ritenuti responsabili, a vario titolo, di associazione mafiosa, associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, detenzione e occultamento di armi clandestine, minacce, violenza privata, associazione a delinquere finalizzata alla consumazione di una serie di reati di natura contabile o economico-finanziaria strumentali alla realizzazione sistematica di frodi in danno del sistema bancario.

Nello specifico, l'indagine, approfondendo quanto emerso già nell'operazione ''Malapianta'' dello scorso maggio, ha scoperto le attività delle cosche di 'ndrangheta Mannolo, Zoffreo e Trapasso di San Leonardo di Cutro, in provincia di Crotone, e la loro proiezione in territorio umbro, ove, spiegano attraverso stabili collegamenti con la casa madre avevano impiantato un lucroso traffico di stupefacenti, anche con la complicità di trafficanti albanesi, e condizionato, attraverso estorsioni, la libera concorrenza nella esecuzione di lavori edili, nonché attivandosi a favore di soggetti candidati alle elezioni amministrative locali.

Inoltre, il sodalizio criminale, al quale viene contestato anche la detenzione di armi, aveva inquinato il tessuto economico attraverso la predisposizione di società, spesso intestate a prestanome o soggetti inesistenti, in grado di offrire prodotti illeciti (in primis fatture per operazione inesistenti) a favore di compiacenti imprenditori. Business quest'ultimo, che ha visto il coinvolgimento anche di soggetti contigui alla ndrangheta vibonese e che ha consentito al sodalizio di ottenere cospicui guadagni attraverso sofisticate truffe in danno di diversi istituti di credito e complesse operazioni di riciclaggio del denaro di provenienza delittuosa. Contestualmente all'esecuzione delle misure cautelari personali, si è proceduto, pertanto, al sequestro di numerose società con sede in Umbria, Lazio e Lombardia attraverso le quali l'organizzazione criminale realizzava i citati reati economico finanziari.

Con l'altro filone dell'operazione, denominata ''Core Business'', la Procura distrettuale di Reggio Calabria, nell'ambito di indagini condotte dalle Squadre mobili di Reggio Calabria e Perugia, ha dato esecuzione a un'ordinanza di applicazione della misura della custodia cautelare in carcere, con contestuale decreto di sequestro preventivo, emessa dal gip di Reggio Calabria nei confronti di 4 soggetti ritenuti responsabili di associazione mafiosa in quanto esponenti di vertice ed appartenenti alla cosca di 'ndrangheta Commisso di Siderno (Rc).

Tra essi figura lo storico leader Cosimo alias ''u quagghia'', scarcerato a gennaio. In particolare, le indagini, che rappresentano la naturale prosecuzione dell'operazione ''Acero-Siderno Connection'', hanno consentito di accertare l'attività del sodalizio della cosca e sono state avviate a partite dal 2015, quando Cosimo Comisso, dopo un lungo periodo di detenzione, si stabilì a Perugia, località Casa del Diavolo, per scontare la detenzione domiciliare, che gli permise di riallacciare i contatti con altri esponenti di spicco del sodalizio come Antonio Rodà , referente imprenditoriale in Umbria della famiglia Crupi. Con lui affrontava la problematica legata alla salvaguardia dei beni dei CRUPI da probabili provvedimenti ablativi dell'Autorità Giudiziaria; attraverso di cui il boss inviava messaggi ad altri sodali di Siderno, ed individuava terreni nella zona di Perugia da destinare a vigneti per la produzione di vino da commercializzare in Canada per il tramite di soggetti contigui al Commisso