Muore in casa a 48 anni con il Covid. La famiglia denuncia: scatta l’indagine

L’operaio era stato visitato dal personale del 118, dopo due giorni il decesso improvviso. Eseguita l’autopsia a Roma. Il pm iscrive il fascicolo per omicidio colposo contro ignoti

Ambulanza Covid a Perugia (foto Crocchioni)

Ambulanza Covid a Perugia (foto Crocchioni)

Perugia, 18  febbraio 2021 - E’ morto a 48 anni in casa a causa del Covid e adesso la procura della Repubblica di Perugia sta indagando, su sollecitazione della famiglia, per capire se l’uomo poteva essere salvato dal virus che sta provocando, solo in Umbria, dieci morti ogni giorno.

Tutto accade a fine gennaio quando l’operaio, un immigrato algerino residente a Umbertide, contrae il coronavirus sembra su luogo di lavoro, un’azienda di Perugia. La trafila è la stessa per tutti: tampone positivo e isolamento contumaciale. Infetti anche la moglie e il bambino piccolo. Piano piano le condizioni dell’uomo si aggravano. La moglie contatta l’Usca e il 118. Secondo quanto riportato nel successivo esposto alla magistratura il 25 l’ambulanza del 118 arriva nell’abitazione prescrive antibiotico e protettore gastrico ma ritiene che le condizioni del paziente siano compatibili con le cure domiciliari.

Due giorni dopo, il 27 gennaio, il decesso. Di lì la richiesta della moglie di fare chiarezza sull’accaduto. L’avvocato Andrea Castori, per conto della donna, deposita un esposto in procura. Il pubblico ministero Mara Pucci dispone il sequestro della salma, già nella bara all’ospedale perugino di Monteluce, in attesa del funerale affida l’autopsia al dottor Antonio Oliva del Gemelli di Roma, lo stesso consulente incaricato per il decesso del medico perugino (Brando). Anche perchè all’obitorio di Perugia non è possibile svolgere autopsie di malati Covid per questioni di sicurezza dovute all’assenza di appositi filtri in sala settoria.

L’autopsia si è svolta lo scorso 5 febbraio ma adesso saranno le indagini dei carabinieri di Città di Castello a fare luce sull’accaduto. La famiglia ha sollecitato il sequestro delle schede di intervento del 118 e l’audio delle chiamate, anche se possibile alle Unità speciali per le cure domiciliari. La moglie marocchina infatti ritiene che viste le condizioni di salute il marito sarebbe dovuto essere ricoverato in ospedale.

C’è anche un giallo legato alla vicenda: in un documento sarebbe riportata la volontà della donna di non ospedalizzare il marito. Circostanza questa smentita dalla donna. Anche perchè; eventualmente, sarebbe dovuto essere il marito a rifiutarsi. Questione che sarà chiarita dagli investigatori che hanno già preso a verbale le dichiarazioni della moglie.