ANNALISA ANGELICI
Cronaca

Morta a 17 anni in ospedale. Il padre: "Con l’Ecmo Maria poteva essere salvata"

"Se fosse stato usato sarebbe ancora viva". I legali hanno presentato opposizione all’archiviazione

Maria Elia, morta in ospedale

Perugia, 1 ottobre 2022 -  La povera Maria Elia poteva essere salvata. Ne è convinto Gennaro, il papà della 17enne morta all’ospedale Santa Maria della Misericordia di Perugia il 27 marzo scorso dopo tre giorni di ricovero in seguito a una doppia infezione, una virale riconducibile a un’influenza di tipo H1N1 (la “suina“, per intenderci), e una batterica da stafilococco aureo. E ne sono convinti gli avvocati Antonio Cozza e Nicodemo Gentile che ieri mattina hanno depositato opposizione all’archiviazione dell’inchiesta aperta sul decesso dalla Procura di Perugia: secondo loro e secondo i consulenti cui hanno affidato la perizia (Andrea Fornari, medico legale, e Carmine Gallo, patologo) Maria poteva essere salvata. Per i tecnici, infatti, la "terapia Ecmo (extra corporeal membrane oxygenation, ndr) avrebbe rappresentato un intervento terapeutico salvavita, per una condizione di insufficienza respiratoria gravissima, responsabile del decesso della paziente".

Un passo indietro: sulla morte di Maria Elia la Procura aveva chiesto l’archiviazione in quanto al personale medico ospedaliero "non possono muoversi censure né in relazione alla fase diagnostica né tantomeno alla conseguente prescrizione delle relative terapie". Di tutt’altro parere i legali Gentile e Cozza: "I dottori Fornari e Gallo hanno evidenziato un aspetto relativo al trattamento del quadro patologico presentato da Maria Elia, fonte di responsabilità non solo della struttura ospedaliera di Perugia, ma ache dei sanitari che la ebbero in cura. Nella loro relazione stigmatizzano il mancato utilizzo dell’Ecmo, vale a dire di una procedura rianimatoria che, laddove attuata tempestivamente, avrebbe consentito di evitare il decesso".

Detto in soldoni, l’Ecmo è un “macchinario“ che preleva il sangue dal paziente, lo ossigena, e lo reimmette nel paziente. "Quanto alle indicazioni per l’Ecmo respiratorio – si legge nell’atto d’opposizione – la letteratura scientifica e le linee guida ne prescrivono l’utilizzo per una serie di patologie polmonari, tra le quali la polmonite severa e l’Ards, ossia la sindrome da distress respiratorio acuto, riscontrata nella paziente Maria Elia al momento dei ricovero in Terapia intensiva".

Maria, emerge dalla cartella clinica, viene ricoverata in Terapia intensiva per Ards da Influenza A alle 00:23 del 26 marzo. Sempre dalla cartella clinica, così come si legge dall’atto appena depositato, si evince che poco dopo, alle 1.30, Maria era "non responsiva al trattamento" e per questo veniva intubata: c’è un valore importante (Ega P/F), sempre detto in termini semplici, il rapporto tra malattia polmonare, funzionalità polmonsre e l’eventuale risposta a un trattamento. In condizioni normali, una giovane donna dovrebbe avere 350mmHg.

Quando è arrivata il ospedale (alle 21 di venerdì 25 marzo), la 17enne aveva 238 mmHg, alle 23.40 il valore era sceso a 139 e alle 1.30, già in terapia, era al di sotto di 100 mmHg. "La sindrome da distress respiratorio acuto – sottolineano i consulenti – viene definita grave con PAO2/FIO2 minore - uguale a 100". "Nonostante i parametri alle ore 1.30 del 26 marzo compendiassero una “condizione clinica mandataria di terapia Ecmo“ – scrivono Fornari e Gallo –, i sanitari ritardarono colposamente il trattamento, che di fatto non venne mai eseguito".

«Ancorché la paziente già alle 1.30 del 26 marzo presentava un quadro di Ards grave con valore P/F inferiore a 100 mmHg, che richiedeva una tempestiva sottoposizione alla terapia salvavita Ecmo, i sanitari, impossibilitati ad attivarla in loco, per le scelte organizzative della struttura perugina, hanno contattato l’ospedale di Careggi (ove si esegue l’Ecmo) per la prima volta solo alle 16 e poi alle 22. Ma sia nell’uno che nell’altro caso le condzioni della paziente, a fronte del lungo lasso di tempo trascorso, non hanno consentito il trasferimento e la sottoposizione della ragazza al trattamento".

Ma gli avvocati Cozza e Gentile si interrogano anche sull’utilizzo dell’Ecmo all’ospedale di Perugia. Nel marzo 2021 le due aziende ospedaliere umbre sottolineavano come entrambe "da anni sia possono effettuare il trattamento Ecmo, ma tale metodica richiede una elevata attività assisteziale e il coinvolgimento di una equipe multidisciplinare" impossibile da garantire con l’emergenza pandemica. Ma sottolineano gli avvocati Cozza e Gentile "nel marzo 2022 nella Terapia intensiva di Perugia per il Covid erano ricoverati solo tre pazienti e non si era in presenza di una situazione di emergenza. Resta che se si fossero seguite le linee guida e si fosse chiesto a Firenze di accedere all’Ecmo alle 1.30, Maria sarebbe ancora viva".