Morì a 39 anni per l’ago nei polmoni. Sette medici rinviati a giudizio

Secondo l’accusa, Vincenzo Bosco, visto il suo quadro clinico, non venne sottoposto a una radiografia toracica preliminare: "L’esame avrebbe evidenziato l’infiammazione polmonare dovuta al corpo estraneo".

Morì a 39 anni per l’ago nei polmoni. Sette medici rinviati a giudizio

Morì a 39 anni per l’ago nei polmoni. Sette medici rinviati a giudizio

Sette medici sono stati rinviati a giudizio per la morte di Vincenzo Bosco, 39 anni, trovato con un ago da insulina nei polmoni, quando le sue condizioni stavano improvvisamente precipitando mentre era sul lettino, prossimo a entrare in sala operatoria. L’uomo è deceduto il 22 aprile 2022 al Santa Maria della Misericordia di Perugia mentre venivano avviate le procedure per l’anestesia. Avrebbe dovuto affrontare un intervento di routine al setto nasale. Vincenzo Bosco, al momento della sedazione, aveva avuto una crisi respiratoria dalla quale non si era più ripreso. Proprio in quelle circostanze di estrema urgenza, era emerso qualcosa che, secondo quanto ricostruito dalla pubblica accusa, rappresentata dal pm Franco Bettini, non era emerso fino a quel momento.

I successivi accertamenti radiografici, infatti, avevano evidenziato la presenza del corpo estraneo in un polmone, dove, si verificò poi con l’autopsia, si trovava già da tempo, ingerito per errore, secondo il medico legale, in conseguenza a un’iniezione di cocaina sotto la lingua. Secondo la tesi dell’accusa, il paziente è morto "a causa di grave insufficienza respiratoria acuta secondaria a polmonite, favorita dalla presenza di corpo estraneo nel polmone. Insufficienza respiratoria indotta dalla somministrazione dell’anestesia, con condotte colpose omissive autonome, negligenti ed imprudenti". Nello specifico, in fase preparatoria, visto il suo quadro clinico pregresso e l’affezione da Covid che il mese prima aveva reso necessario rinviare l’intervento già programmato, non sarebbe stata effettuata una radiografia toracica preliminare che, secondo l’accusa, avrebbe salvato la vita all’uomo.

Se fosse stato sottoposto all’accertamento, ricostruisce la Procura, "esame che avrebbe evidenziato la reazione infiammatoria polmonare prodotta dalla presenza del corpo estraneo e che avrebbe pertanto sconsigliato l’esecuzione dell’operazione". Il gup Elisabetta Massini ha rinviato a giudizio i medici, specialisti di rianimazione e otorinolaringoiatria di cui tre all’epoca specializzandi con l’accusa di omicidio colposo e responsabilità colposa in ambito sanitario. Il procedimento si aprirà davanti al giudice monocratico Marco Verona il prossimo 19 settembre.