Uno dei settori più colpiti dalla crisi economica causata dal Covid-19 è quello della moda. Il lockdown, non ha provocato solo la cancellazione di eventi e sfilate, ma anche un forte rallentamento della filiera produttiva in ogni suo aspetto: dal recupero di materie prime fino alla distribuzione. Lasciato alle spalle un 2020 complicato, l’analisi di mercato di McKinsey evidenzia come il secondo anno con il Coronavirus potrebbe rivelarsi altrettanto impegnativo per l’industria della moda. Per una significativa ripresa gli analisti puntano sul 2022, anno in cui, in diversi, ipotizzano addirittura un ’boom’ come dopo la prima guerra mondiale. Abbiamo chiesto all’umbro Marco Cardinalini, 43 anni, presidente nazionale dei Giovani imprenditori di Sistema Moda Italia cosa ne pensa. "Intanto le cifre. A livello nazionale – sottolinea – nel 2020 c’è stato un calo di fatturato del meno 24,4%. In Umbria invece le cose sono andate meglio: il calo è stato del meno 14%. A cosa è dovuto? Al fatto che qui i prodotti sono legati al mercato del lusso. Settore che ha reagito meglio alla crisi e che si è fatto trovare pronto a servire il mercato asiatico, quello che è ripartito per primo".
Grandi griffe locali ma anche tante imprese umbre che producono per brand stranieri famosissimi?
"Esatto. In Umbria ci sono molte imprese e laboratori che producono per grandi griffe del lusso, soprattutto francesi, che non si sono mai fermate. Non solo, qui si lavorano soprattutto capi in magliera per un tipo di abbigliamento causal, meno formale. Un vantaggio: la pandemia, con il blocco degli eventi e quindi delle occasioni in cui vestirsi in un certo modo, ha colpito per lo più il settore produttivo dell’abbigliamento formale".
Come giovani imprenditori del tessile abbigliament italianoo, il vostro è un settore che annovera oltre 50mila imprese con 400mila addetti, volete contribuire al Recovery plan e alla ripresa del Paese in che modo?
"Vogliamo tornare ad essere un comparto attrattivo per i giovani, quindi chiediamo di investire, come detto anche il Premier Draghi, in una formazione scolastica mirata. Ma anche di incentivare la crescita delle aziende attraverso aggregazioni di imprese e di fare una seria difesa del made in Italy puntando sulla tracciabilità dei prodotti".
Qualcuno dice che la pandemia può anche essere l’occasione per ripensare il modo di fare impresa.
"Lo è senza dubbio. Basti pensare all’ecosostenibilità. Ovvero: gli scarti industriali non sono più rifiuti da gettare ma materie prima da riutilizzare. Per fare questo però servono persone capaci cui delegare il compito. Anche all’esterno magari. Ciò è fondamentale soprattutto nel settore del lusso dove si ha bisogno di certificazioni green. Pena l’uscita dal mercato".
Come vede il futuro, anche prossimo, del settore in Italia e in Umbria?
"Dobbiamo saper cogliere le sfide per operare i cambiamenti necessari nel segno della sostenibiltà e dell’internazionalizzazione valorizzando, specie nel caso dell’Umbria, quella vocazione all’eccellenza, all’artigianalità. La sapienza con cui le mani delle tante addette al settore realizzano manufatti di livello altissimo richiesti in tutto il mondo".
Donatella Miliani