REDAZIONE UMBRIA

«La mobilità alternativa ha fallito. E la vera colpa è della politica»

L’urbanista: ‘Dagli anni ’90 il traffico è addirittura aumentato’

Mariano Sartore

Perugia, 28 settembre 2017  «Mi pare che i risultati parlino chiaro: le decine e decine di milioni di euro investiti negli ultimi trent’anni a Perugia sulla mobilità alternativa, sono stati spesi male. Scale mobili e minimetrò hanno mancato gli obiettivi. E la cosa ‘tragica’ è che da quando sono stati introdotti, la situazione è addirittura peggiorata».

Mariano Sartore, docente di pianificazione dei trasporti e di urbanistica all’Università di Perugia, non è affatto sorpreso dai numeri presentati in occasione del convegno dedicato al Piano urbano della mobilità sostenibile del Comune. Dati che raccontano di un utilizzo sempre maggiore dell’auto (sette veicoli ogni dieci persone), di ingressi nella Zrl cresciuti del 20%, di autobus in cui in media viaggiano solo 9 persone per corsa e del crollo degli utenti delle scale mobili: da 10 milioni del 2006 ai 6 milioni dell’anno scorso, quasi dimezzati.

«SONO dieci anni che ripeto che la direzione intrapresa è quella sbagliata – afferma Sartore –: già allora, per dirne una, eravamo la città al mondo che usa di più l’auto per accompagnare i bambini a scuola. Il punto è che qualcuno crede che i perugini abbiano l’auto nel Dna, ma non è affatto così perché fino agli inizi degli anni ’90 il capoluogo umbro era nella media per il numero di vetture».

In effetti è stato detto che bisogna cambiare l’approccio culturale.

«Giusto. Ma devono essere gli amministratori, i politici, i tecnici e i consulenti a cambiarlo, non i cittadini. E’ assurdo che sia la gente ad essere messa sotto accusa. Basti ricordare che a Perugia per ogni metro quadrato di tetto di ogni tipo di immobile, c’è un metro quadrato di asfalto. C’è una dotazione di strade e parcheggi mai vista, ci credo che si faccia così tanta fatica a rattoppare le buche... ».

La situazione sembra «incancrenita». Come si può a questo punto imprimere un cambio di direzione alla mobilità?

«Va cambiato prima di tutto l’approccio. Esempio: non possono esserci più politiche disgiunte tra mobilità e urbanistica, cosa che putroppo è stata fatta negli ultimi 30 anni. Vogliamo parlare dell’ultimo insediamento di Decathlon a Olmo? Al punto in cui siamo, inizierei proprio dalle basi e cioè dai marciapiedi. Sarei curioso di sapere quanti euro sono stati investiti sui marciapiedi per ogni centomila euro spesi per le rotatorie: credo molto pochi. La prima lezione che faccio con i miei studenti all’inizio dell’anno è quella di far fotografare loro quanti marciapiedi percorribili ci sono in via Annibale Vecchi: mi creda, i risultati sono desolanti. Pochissimi e pericolosi».

Veniamo ai mezzi pubblici: sempre meno corse, sempre più costose, sempre meno frequenti.

«Esatto. Al punto in cui siamo bisogna ottimizzare le poche risorse a disposizione, perché più passa il tempo, più i fondi per il Tpl si assottiglieranno. E torno al punto precedente: con più marciapiedi si potrebbe consentire a chi usa l’autobus di raggiungere più agevolmente le fermate. Lei ha mai percorso il tratto che da Santa Lucia va fino ai Rimbocchi? Ritengo che un pedone debba avere molto coraggio per farlo».

Ma i bus viaggiano vuoti da tempo...

«Beh, in alcune grandi città europee se ne incentiva l’utilizzo rendendo gratuite le corse ai ragazzi fino a 14-16 anni: se tanti questi mezzi viaggiano vuoti, almeno si dia un segnale culturale. Per non parlare dei costi sociali che siamo costretti a subire per andare in auto».

E infine: è davvero possibile migliorare la mobilità con le bici elettriche, o è solo uno spot?

«E’ tutto molto bello. Il punto è che non ci sono piste ciclabili e andare in mezzo al traffico è un’impresa, si rischia la vita ad ogni metro».