Rudy Guede: "Mi pentirò sempre di aver lasciato lì Meredith"

Rudy Guede “risponde“ alle provocazioni di Amanda Knox e ribadisce la sua versione, quella portata in tribunale, dell’omicidio di Perugia

Rudy Guede dopo la condanna per omicidio ha scontato la sua pena in carcere

Rudy Guede dopo la condanna per omicidio ha scontato la sua pena in carcere

Perugia, 30 ottobre 2022 - "Io c’ero in quella casa, chi lo nega? C’erano le mie tracce sul luogo del delitto, certo. Mica stavo fermo in un angolo. Ero con Meredith, ci siamo scambiati effusioni, abbiamo avuto un approccio sessuale, sono andato al bagno, ho provato a fermare il sangue che le usciva dal collo... Ovvio che ci fossero le mie tracce in giro. Ma l’ho detto quando credevano che mentissi per evitare la condanna, lo ripeto più che mai adesso che ho finito di pagare il mio conto alla Giustizia: io non ho ucciso Meredith". A parlare è Rudy Guede in una intervista al Corriere della Sera. A quindici dall’omicidio di Perugia, quello in cui morì la studentessa inglese ventunenne Meredith Kercher, non si placano le polemiche dei tra i protagonisti di quella tragica vicenda. Prima era stata Amanda Knox a parlare, sul settimanale “Oggi“. "Penso anche che il carcere non l’abbia rieducato – aveva detto l’americana, oggi sposata con Chris Robinson e madre di Eureka Muse, riferendosi a Guede –. Una persona che continua ad accusare degli innocenti del delitto che lui stesso ha commesso, e che si rifiuta di concedere la verità a una famiglia devastata dal dolore".

Ora è Guede a rispondere. "La giustizia italiana – sottolinea l’ivoriano, oggi impiegato a Viterbo in biblioteca – dice che ho compiuto un crimine con due persone specifiche ma non come autore materiale; loro escono di scena, quindi il carcere lo sconta una persona che non si capisce di cosa sia colpevole e con chi. Un condannato impossibile. O forse il condannato ideale: il negretto senza famiglia, senza spalle coperte, senza un soldo...". E’ vero, "la paura ha preso il sopravvento e sono scappato come un vigliacco lasciando Mez forse ancora viva. Di questo non finirò mai di pentirmi. Ma avevo 20 anni e avevo davanti una ragazza agonizzante, l’ho soccorsa ma poi la mente è andata in tilt. Magari sarebbe morta lo stesso ma non aver chiesto aiuto resta la mia grandissima colpa". Al Corriere della Sera, Guede ribadisce la sua verità, quella sostenuta anche nelle aule di tribunale: "La vita di Mez che se ne stava andando fra gli spasmi. Gli asciugamani non bastavano a tamponare il sangue... Ero uscito dal bagno dopo aver sentito un urlo potente malgrado avessi le cuffiette con la musica a palla; nella penombra avevo visto uno sconosciuto con un coltello in mano. ‘Andiamo via che c’è un negro’ aveva detto ad Amanda. All’improvviso il mio cervello è scoppiato – racconta ancora Guede – Io non avevo fatto niente ma chi mi avrebbe creduto? E allora, in preda al panico, ho fatto un errore dopo l’altro... Un comportamento criticabile, è vero. Ma questo non fa di me un assassino".

Guede dice di ave provato a contattare la famiglia di Meredith: "Scrissi una lettera anni fa rimasta senza risposta. E ho fatto avere a sua madre un altro messaggio di recente per dirle ancora una volta del mio dispiacere per Mez e che le mie mani si sono macchiate di sangue, sì, ma soltanto per soccorrerla. Mi farebbe piacere incontrarla, un giorno".