"L’Umbria è diventata la mia casa, la cittadinanza ricevuta a Piegaro vale come una medaglia olimpica". Umile, nonostante abbia portato la Nazionale femminile di pallavolo sul tetto del mondo. Orgoglioso, dopo l’oro a Parigi 2024 e una carriera da applausi. E sempre motivato, perchè attende la nuova avventura negli Stati Uniti. "C’è tanta curiosità e la voglio vivere al massimo", dice. Modenese di nascita ma umbro di adozione, il coach Massimo Barbolini, ex Sirio Perugia, ha scritto un’altra pagina di storia dello sport Azzurro come vice di Julio Velasco. La Nazione ha voluto celebrare questa favola, consegnando al tecnico la targa dei 165 anni del nostro quotidiano. "Questo riconoscimento mi riempie di orgoglio", ha detto l’allenatore, ricevuto in redazione a Perugia, insieme al procuratore Stefano Bartocci.
Barbolini, il suo legame con l’Umbria...
"Vivo qui da circa venti anni, mia moglie Roberta è di Piegaro. Ogni tanto mi sposto a Modena per andare a trovare mia mamma e mio fratello. Mi trovo molto bene al lago, ultimamente abbiamo comprato casa all’interno del borgo medioevale perché vogliamo vivere la vita del paese. Poche settimane fa c’è stata una festa a sorpresa e mi sono state consegnate le chiavi della città. I miei concittadini sono stati stupendi, mi hanno fatto sentire uno di loro ed è stata una soddisfazione".
Ha conquistato un oro storico all’Olimpiade di Parigi...
"È stato bello vedere la crescita della squadra Azzurra di volley giorno dopo giorno, allenamento dopo allenamento. Abbiamo affrontato le difficoltà, forse alla fine è stata talmente netta la vittoria che è sembrato quasi facile. Le ragazze sono state molto brave in ogni situazione, hanno vissuto le difficoltà con tranquillità".
Il momento più bello?
"La premiazione, sentire l’inno e vedere la bandiera tricolore in alto è una emozione enorme. Momenti particolarmente difficili non ce ne sono stati, tutte le partite sono state affrontate con molta attenzione, all’inizio dei quarti contro la Serbia abbiamo dovuto inseguire, ma poi siamo riusciti a imporci per 3-0 con un buon gioco. È filato via tutto liscio, però il quarto di finale era lo scoglio più temuto".
Le differenze dalle altre Olimpiadi che ha vissuto.
"Sicuramente diverso è stato il finale, un particolare non da poco. Per me era diverso il ruolo, ho accettato con molto piacere l’offerta di Julio Velasco perché prima di tutto me l’ha fatta lui, se l’avesse fatto chiunque altro forse non mi sarebbe interessata. Non è un discorso di umiltà o altro. E poi c’erano le Olimpiadi. Mi sono divertito di più rispetto alle esperienze precedenti, perché avevo le responsabilità nel mio ruolo, però con meno pensieri. Mi ha fatto piacere tornare a lavorare con Velasco dopo 35 anni, pur con tutto ciò che era cambiato, noi per primi. E’ stata una bellissima esperienza occuparsi di alcune giocatrici con cui non avevo mai avuto occasione di lavorare. Questo mi ha arricchito. Per un allenatore è molto importante potersi aggiornare sul campo, studiare le avversarie, cosa fanno gli altri allenatori, secondo me questo ha un valore inestimabile".
Le squadre più temibili?
"Quest’anno non c’era una favorita, ma cinque o sei team più o meno sullo stesso livello: Italia, Stati Uniti, Serbia, Brasile e Cina. Poi come outsider Polonia, Turchia. Quello che sentivamo era che stavamo crescendo, che stavamo lavorando bene. La consapevolezza aumentava durante la partita, perché in allenamento non è che hai tempo di fare tante cose, le cose che dovevi risolvere le riuscivi a risolvere".
Sentivate la pressione?
"È normale che ci sia, è una cosa da accettare. Velasco è stato bravissimo, ha stemperato a tal punto che la sera prima della finale abbiamo fatto un allenamento e sembrava che il giorno dopo si giocasse una gara importante, ma non la partita che può cambiare la vita di un’atleta o di un allenatore".
L’Italvolley femminile non ha vissuto il villaggio olimpico..
"È stata una scelta molto positiva. Ci ha permesso di rimanere concentrati. Poter fare una vita normale, come si fa quando si va in albergo a fare due passi, poter fare due chiacchiere, trovarsi al bar, è stata una scelta giusta. Alle Olimpiadi il 95% della gente non va per vincere, ma per vivere una esperienza unica, per cui è una vita diversa, ci sono ritmi differenti".
Tra tutte le squadre questa era la più forte?
"La Nazionale che ho allenato dal 2007 al 2009 ha fatto delle cose incredibili perché ha vinto tutte le partite del 2007 e tutte quelle del 2009, poi nel 2008 alle Olimpiadi di Pechino ci capitò la tegola prima di Antonella Del Core, e poi di Taismary Aguero. Quella nazionale era veramente fortissima, ma anche quella del 2024 lo è".
Barbolini, andrà presto negli Stati Uniti, Cosa si aspetta?
"È stato un grande onore essere chiamato, perché negli Usa stanno cercando di creare un movimento di alto livello. Ho un contratto per due anni, però mi piacerebbe, se possibile, continuare, diventare una sorta di ambasciatore del made in Italy".
Torniamo in Italia: Perugia domina da anni in Superlega, mentre la Bartoccini è tornata subito in A1 femminile.
"La Sir Perugia è una grande squadra che anche quest’anno parte da grande favorita perché ha cambiato poco, facendo scelte oculate. Tra due settimane ci sarà la Supercoppa italiana e vedremo se proseguirà questa striscia vincente. Tra le donne la favorita e Conegliano Veneto. Tra le outsider c’è la Bartoccini Perugia che lo scorso anno ha fatto un bellissimo campionato. Anche loro si sono rinforzate e saranno da valutare quali equilibri riusciranno a raggiungere".
Daniele Cervino
Alberto Aglietti