SOFIA COLETTI
Cronaca

Marco Pierini "Così ho cambiato la Galleria"

Dopo otto anni si conclude il mandato del direttore del museo perugino. Che ripercorre la sua avventura nell’arte e nella bellezza

Marco Pierini "Così ho cambiato la Galleria"
Marco Pierini "Così ho cambiato la Galleria"

"Cosa provo in questo momento? Un sentimento prevale su tutti: il dispiacere immenso di lasciare il museo, la città, i colleghi". Marco Pierini (nelle foto) si racconta a cuore aperto. Da ieri ha concluso il suo incarico di direttore della Galleria Nazionale dell’Umbria (e della Direzione Regionale Musei Umbria) iniziato il primo ottobre del 2015. E con noi apre il libro dei ricordi e ripercorre con emozione e affetto otto anni vissuti nell’arte e nella bellezza tra sfide, progetti, periodi difficili e successi clamorosi. "E’ stata un’avventura bellissima ed è giusto che finisca ma il dispiacere prevale anche sulle idee più ottimistiche di futuro. Il mio pensiero è tutto rivolto all’indietro, non mi era mai successo", ammette con un pizzico di commozione.

Se lo ricorda il primo giorno?

"Sì, volevo andare via. E’ stato drammatico, ho trovato tanti colleghi carini e sorridenti, ma tutti pieni di problemi da comunicarmi. Non ero così sicuro di riuscire a cavarmela".

E invece eccoci qua. Come è cambiata la Galleria Nazionale sotto la sua direzione?

"E’ cambiata molto ma è anche rimasta se stessa e ne sono orgoglioso, si riconosce come museo dello Stato che raccoglie opere del territorio ed è aperto alla città. Io credo di aver fatto la Galleria del nostro tempo, niente di più e niente di meno: più moderna, più digitale, più chiara nel percorso espositivo, più aperta verso altre forme d’arte e i giovani. Dal punto di vista della conservazione, poi, è una Galleria all’avanguardia assoluta e per un po’ lo rimarrà. Ho avuto la fortuna di poter contare su una squadra meravigliosa, senza la quale non avrei raggiunto questo risultato".

Quale considera il suo più grande successo?

"Oggettivamente, per l’esterno, è la mostra dedicata al Perugino. Ma per chi lavora nel nostro campo e per noi interni è il riallestimento: essere riusciti a cambiare il volto della Galleria così radicalmente in tempi ridotti e con un finanziamento bassissimo è un’impresa superiore a qualsiasi mostra e a qualunque altro risultato. Nessuno credeva che ce l’avremmo fatta con quei tempi, quei fondi e, diciamolo, così bene".

Il progetto che la rende più orgoglioso?

"Aver dimostrato che la Galleria e i musei sono centri di ricerca, non solo di valorizzazione. Abbiamo stampato 39 libri, creato una Galleria digitale: lo studioso che veniva nel nostro archivio ora si trova tutto a casa".

C’è stata anche l’apertura al contemporaneo...

"Il primo e più importante passo è stato aver stabilito fin dall’inizio che non avremmo fatto mostre di artisti viventi, perché la Galleria non ha questa vocazione. Ma l’arte contemporanea aiuta a rileggere il passato e per questo funzionano i pochi e misurati interventi all’interno dell’allestimento. Come la sala dedicata al Novecento dove purtroppo non sono riuscito ad avere un Leoncillo. Uno sguardo che abbiamo allargato a musica, teatro, cinema, fumetti. E ha funzionato molto bene".

Tra mostre e concerti, la musica non è mai mancata...

"E’ colpa mia, volevo diventare un musicista ma non ce l’ho fatta. La musica è la mia grande passione, la studio, la ascolto, continuo a suonare la chitarra, quando posso la mescolo all’arte. Penso sia anche un veicolo per attrarre un pubblico diverso e aprirsi alle fasce più giovani. La fortuna è stare qui, a Perugia ci sono i festival più belli, importanti e divertenti, Umbria Jazz, il Trasimeno Music Festival, la Sagra Musicale e l’Umbria che spacca. Spesso non ce ne rendiamo conto...".

Ha un rimpianto, qualcosa che non è andato come doveva?

"Francamente non c’è un grande rimpianto. Però ce n’è qualcuno piccolo. Ad esempio non aver fatto la mostra delle copie antiche e moderne della Deposizione Baglioni di Raffaello. Avevamo predisposto tutto, pure un libro che uscirà. Il Covid ha bloccato tutto ed è stato un periodo durissimo. E poi c’era l’accordo con l’Ermitage di San Pietroburgo".

Già, cosa è successo?

"Quando portammo la nostra collezione medievale all’Ermitage, il direttore Michail Piotrovskij ci aveva promesso una mostra di ritorno, con tutte le opere umbre e toscane dal ’300 al ’500 da allestire in Galleria. Curata da me e dalla mia squadra. E’ ovvio il motivo per cui non l’abbiamo realizzata, spero si possa fare presto e non solo per ragioni artistiche".

Perugia è una città difficile eppure lei l’ha conquistata...

"Qui c’è il trucco, basta venire da Siena, ancora più chiusa e difficile. Scherzi a parte, a Perugia mi sono trovato benissimo, l’accoglienza è stata ottima, prima grazie al ruolo, poi sono venuti fuori i legami personali. Ho intrecciato collaborazioni, avuto ottimi rapporti con le istituzioni, stretto tante amicizie. Vorrei mantenere un rapporto con i perugini".

Quale eredità lascia?

"Lascio una squadra perfetta, che va a mille, gli impianti funzionano, l’allestimento è nuovo, il Palazzo è stato sistemato d’intesa con il Comune. Ho una grandissima invidia per chi verrà dopo di me, avrà la possibilità di divertirsi. Al tempo stesso è un’eredità che va un pochino superata senza andare in contrasto, ogni direttore deve dare la sua impronta e caratterizzare il museo con la sua personalità. Più vedrò qualcosa che si allontana dalla mia idea e più sarò felice".

Cosa si porterebbe via?

"Nulla, solo la mia squadra".

Uno sguardo al futuro. Ora c’è un direttore ad interim..

"Sono felicissimo dell’arrivo di Stefano L’Occaso, studioso preparatissimo, collega bravissimo e persona umanamente disponibile e affabile. Non ci poteva andare meglio".

I candidati alla direzione della Galleria sono dieci...

"Non sarebbe corretto dire qualcosa né di buon auspicio".

E lei è in corsa per la guida di quattro musei...

"Non mi sbilancio, non azzardo previsioni, dico solo che continuerei a fare volentieri questo mestiere, credo nei musei autonomi e nei musei dello Stato".

In tanti si augurano un suo ritorno a Perugia tra qualche anno...

"Lo so e mi fa molto piacere. Ma dipende da tanti e diversi fattori. Certo, il modo migliore per terminare la carriera sarebbe tornare qui, a casa".