"La droga, i farmaci e quel male di vivere" La vita perugina di Maddalena Urbani

Da due anni faceva la barista nel locale di Giuseppe Dolciami nel centro di Perugia: "Venerdì mi ha salutato prima di partire per Roma. Immaginavo perché andasse. Poi ho ricevuto il messaggio dell’amica che era con lei"

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di Erika Pontini

"Giovedì mi ha detto che sarebbe andata a Roma per l’ultima volta. Aveva ripreso a studiare: voleva fare due anni in uno, e a ottobre andare a vivere in Vietnam. Aveva già tutti i depliant, per lei quella era ’casa’, sulla spalla aveva tatuata una giunca (l’imbarcazione tipica, ndr). Ma io sapevo che nella Capitale si andava a rifornire di droga, non ne faceva mistero e nemmeno di tutti i farmaci che prendeva in maniera incontrollata. Mi ha detto ’mi porto un’amica, così stai più tranquillo’. Non è più tornata". Giuseppe Dolciami, ‘Celentano’, è il titolare del locale del centro di Perugia dove Maddalena Urbani, 20 anni, figlia del medico-eroe della Sars morta probabilmente per overdose nell’abitazione romana di un siriano, lavorava come barista. E oggi anche per lui è il giorno del dolore che riesce a trattenere a stento. "Non le piaceva il suo nome e non voleva vantaggi solo perché figlia di suo padre. Qui la chiamavamo Mali da Malibù, come il cocktail. Era venuta da me due anni fa. Mi disse che aveva lasciato gli studi all’Onaosi. Capì che era una ragazza orfana di medici e cercai di aiutarla".

Quando l’ha sentita l’ultima volta?

"E’ passata venerdì alle 13 con l’amica e mi ha abbracciato, lo faceva raramente. Una ragazza che studia Psicologia, un’ora dopo aveva il treno. Le ho detto: ’Lunedì ricordiamo tuo padre’. Sapevo che era l’anniversario della morte".

Quando ha saputo cosa era accaduto?

"Sabato alle 14 vedo un messaggio e mi preoccupo. Nei momenti più neri mi cercava. Invece era un ’vocale’ dell’amica che mi diceva cosa era accaduto: l’aveva vegliata tutta la notte, ha detto. La sentiva rantolare, non è riuscita a rianimarla".

Lei ha parlato con questa ragazza?

"Sabato sono andato a Roma e l’ho riportata a Perugia. Durante il tragitto mi ha raccontato. Mi ha detto che quell’uomo non voleva chiamare l’ambulanza. Mali si era sentita male venerdì sera e lo spacciatore le aveva mandate a casa di quel siriano pregiudicato (le chiamano le stanze del ’buco’, ndr)".

Si sarebbe potuta salvare?

"Secondo me, sì".

Che ragazza era Maddalena?

"Solare, molto brava sul lavoro, felice di essere riuscita a dimostrare di essere indipendente. Aveva un lavoro e una casa ma era una ragazza alla deriva, l’ho trovata nelle peggiori condizioni, ero preoccupato. Avevo chiamato anche il mio avvocato e gli avevo chiesto fin dove potevo spingermi per aiutarla".

Di cosa le parlava?

"Le dispiaceva perché non era in grado di mantenere gli impegni. ‘Io ti deludo sempre’, ripeteva. Le dicevo che pian piano avrebbe imparato. Che aveva due colonne - il lavoro e una casa - ma non bastano per reggere una vita".

Voleva andare in Vietnam?

"Aveva ripreso a studiare grazie al fratello che le aveva pagato gli studi e progettava di tornare in Vietnam. Ma si riempiva di farmaci. Le dicevo che sbagliava e lei mi rispondeva ‘e quando me li davano forzatamente?".

Di suo padre parlava mai?

"No, cambiava canale quando si parlava di Covid e di medici morti. Diceva ‘Se i dottori avevano paura questo lavoro non lo dovevano fare’. Un anno fa, durante il lockdown c’era Minoli alla radio che raccontava la storia di Carlo Urbani, fu l’unica volta che non volle cambiare programma. Le chiesi se era orgogliosa e mi disse di sì".

Sapeva che andava a Roma per acquistare stupefacenti?

"Sì, ma è tutto partito da Perugia".