
Il Dante Alighieri con la barba diventa una mostra che promette di attrarre visitatori da tutta Italia. Il singolare dipinto, risalente gli anni 80 del Cinquecento, che si trova da anni nello studio del sindaco di Orvieto e che è stato di recente "riscoperto" e valorizzato, è al centro di una grande campagna di promozione della città che ha preso le mosse ieri con la presentazione della mostra avvenuta nella sala stampa della Camera dei Deputati. La mostra, dal titolo Il vero volto di Dante Alighieri. L’avventura di un quadro" si terrà dal 14 settembre al 14 novembre al museo Faina. Il quadro costituisce una fedele descrizione che del sommo poeta fa il suo primo biografo, Giovanni Boccaccio, nel Trattatello in laude di Dante scritto tra il 1351 e il 1355 ("Il suo volto fu lungo, e il naso aquilino, e gli occhi anzi grossi che piccioli, le mascelle grandi, e dal labro di sotto era quel di sopra avanzato; e il colore era bruno, e i capelli e la barba spessi, neri e crespi, e sempre nella faccia malinconico e pensoso"). Il quadro lo raffigura in maniera diversa dall’iconografia ufficiale e rappresenta una rarità. Dante viene immortalato con la barba solo in miniature presenti in alcune versioni illustrate della Divina Commedia mentre altre due immagini che lo ritraggono con pizzetto e baffi sono state rintracciate in un disegno di Tito Lessi e nel "Ritratto di Dante" del pittore russo Il’jaRepin esposto al Kostroma State Historical-Architectural and Art Museum. "Il primo accenno al quadro - ha spiegato il curatore della mostra, Giuseppe Maria Della Fina - si trova in un articolo de L’Osservatore Romano del 22 novembre 1967 recuperato e valorizzato di recente da Aldo Lo Presti. L’inquadramento cronologico e stilistico si deve allo storico dell’arte Michele Maccherini. Di certo la barba sul volto di Dante è autentica e non è stata aggiunta successivamente come hanno confermato le analisi dei restauratori del Consorzio Pragma, Valentina Romé, Davide Rigaglia e Massimiliano Massera". Il quadro arrivò probabilmente in Comune nel 1927 trasferito dopo la soppressione della Sottoprefettura di Orvieto che a sua volta aveva acquisito opere d’arte provenienti almeno da due antiche nobili famiglie orvietane: Pandolfi Alberici e Gualterio. Cla.Lat.