
Prosegue il dibattito sull’installazione o meno dei wc chimici in centro. L’architetto Mauro Monella parla di "scatole dell’orrore" e caldeggia il ritorno dei vecchi vespasiani. "Per quale motivo furono a suo tempo rimossi e aboliti vespasiani, diurni, latrine e gabinetti pubblici, che costituivano autentiche micro architetture di funzione sociale? Il problema – dice l’urbanista – non può essere liquidato per motivi falsamente estetici, come fu fatto a suo tempo eliminando di sana pianta ogni forma di architettura sociale. Questa soppressione è un retaggio di una cultura semplicistica, schematica, povera. I bagni pubblici sono stati oggi soppiantati da certi ermetici e claustrofobici box disposti in batteria, che nell’imminenza della minzione inducono l’inibizione della funzione stessa. Sono lontani i tempi del “fresco orinatoio“, molto più igienico e decoroso degli attuali traballanti parallelepipedi colorati. Se il bagno pubblico per il cittadino è un servizio importante, diventa servizio indispensabile ancor più per il turista. E pensare che a Perugia ce n’erano tanti, poi ruderizzati, oppure venduti e trasformati in opinabili residenze, vedi l’esempio dell’ex diurno di via del Fagiano, riadattato a un insieme di inospitali locali per l’emergenza sbarchi. L’ imperatore Vespasiano, inventore del cesso pubblico, molto abilmente aveva istituito una tassa per chi utilizzava l’orinatoio pubblico, contribuendo alla diffusione della cultura dell’igiene. La storia ci racconta che i soldi ricavati contribuirono alla costruzione del Colosseo. Nell’ambito del tanto osannato decoro urbano – conclude Monella – non può non essere inserita l’impellenza di opportuni e adeguati studi per i bagni pubblici, che siano espressioni della cultura del luogo, oggetti di adeguata e dignitosa architettura, ambientalmente compatibili. Un orinatoio può persino diventare un’ opera d’arte: basti pensare a quello di Marcell Duchamp o al cesso 18 carati di Maurizio Cattelan".
S.A.