
Il professor Bufalini
Perugia, 11 settembre 2015 - Nuovo passo avanti contro il cancro: grazie ad un farmaco ‘intelligentè’ si apre infatti la via per possibili cure ai pazienti affetti da leucemia definita "a cellule capellute". Lo studio, pubblicato sul New England Journal of Medicine, la più prestigiosa rivista scientifica al mondo, è stato condotto dall’ematologo Brunangelo Falini, direttore della Struttura Complessa di Ematologia con Trapianto di Midollo Osseo dell’Ospedale S. Maria Misericordia di Perugia, con il finanziamento dell’Associazione Italiana per la Ricerca sul Cancro (Airc).
«Si tratta – sottolinea il professor Falini —, di uno stupefacente passo in avanti nella terapia delle leucemia a cellule capellute, così definita per la presenza di tipici prolungamenti sulla superficie delle cellule leucemiche che richiamano i capelli. Questa malattia, oltre a causare la drastica riduzione delle cellule del sangue (globuli rossi, globuli bianchi e piastrine) che predispone il paziente alle infezioni, determina anche un ingrossamento abnorme della milza».
Professor Falini, come si è potuti arrivare a questi risultati clinici così importanti? «Tutto va fatto risalire alla scoperta del 2011 avvenuta nel mio laboratorio della lesione genetica che causa questo tipo di leucemia e che è rimasta ignota per oltre 50 anni. Per risolvere il mistero, abbiamo sequenziato i 3 miliardi di lettere chimiche del Dna di un paziente affetto da leucemia a cellule capellute, scoprendo una mutazione in una sola di queste lettere, in un gene chiamato Braf, identificando così un nuovo bersaglio diagnostico e terapeutico. Anche questo studio fu oggetto di pubblicazione nel New England Journal of Medicine».
Quanto tempo è trascorso da quella scoperta di base alla sua applicazione in campo diagnostico e terapeutico ? «Solamente 3 anni. In particolare, abbiamo prima messo a punto un test molecolare specifico basato sulla ricerca della mutazione di Braf che consente di diagnosticare con elevata precisione la leucemia a cellule capellute. Cosa ancora più importante abbiamo iniziato uno studio clinico utilizzando un farmaco ‘intelligente’, il Vemurafenib che inibisce selettivamente il gene Braf mutato in pazienti con leucemia a cellule capellute resistenti a chemioterapie convenzionali».
Così, è ora possibile colpire il gene Braf mutato con dei farmaci selettivi? «Il lavoro pubblicato nel New England Journal Medicine si riferisce proprio ai risultati ottenuti in 49 pazienti trattati con questo faramaco in due studi clinici condotti in Italia e negli Usa. La risposta clinica è arrivata nel 96-100% dei casi resistenti ad altre terapie, con il 35-42% di remissioni complete. La risposta al farmaco si ottiene nel giro di 2-4 mesi».
Che vantaggi ha questo «farmaco intelligente»? «Uno dei principali è l’assenza di tossicità nei confronti delle cellule normali del midollo osseo. Per questo motivo può essere impiegato anche nei casi in cui la funzionalità midollare è stata danneggiata dalle precedenti chemioterapie. Questo permette di ridurre il rischio di complicanze infettive. Inoltre, a differenza dei chemioterapici, il Vemurafenib può essere assunto per bocca sotto forma di pillole». Si tratta di un altro grande successo della medicina molecolare di precisione, tutto made in Italy. Gli studi sulla leucemia a cellule capellute condotti dai ricercatori guidati dal Prof. Falini, tra cui il Dr. Enrico Tiacci primo autore del lavoro, sono stati finanziati dall’ Associazione Italiana per la Ricerca sul Cancro (Airc), nel contesto del progetto Airc 5 x mille. Donatella Miliani