Donne, occupazione in crescita. Ma una su tre è in posti ‘inferiori’

I primi dati del 2023 rivelano che il tasso della presenza di lavoratrici è aumentato di un punto percentuale. Il 37,2 per cento però ha un impiego che risulta sottodimensionato rispetto al titolo di studio.

Donne, occupazione in crescita. Ma una su tre è in posti ‘inferiori’

Donne, occupazione in crescita. Ma una su tre è in posti ‘inferiori’

I dati del 2023 attestano un miglioramento della situazione lavorativa delle donne in Umbria: cresce infatti il tasso di occupazione tra 20-64 anni che passa dal 62,2% del 2022 a 63,3% (ma si allontana leggermente dal dato del Nord, che arriva al 67,0%).

Va però subito ricordato che in questa fascia di età l’occupazione in Umbria per gli uomini è salita in modo molto più importante: dal 77,6 all’80,5%, confermando quindi tutti i problemi di cui si è parlato molte volte. Le umbre inoltre si caratterizzano però, rispetto al Nord Italia, per un più alto tasso di mancata partecipazione al lavoro (15% che è invece superiore alla media del Paese, 19,6) e per più alte quote di part-time involontario e di tempi determinati sul totale dei dipendenti (19,3%).

Rispetto all’Italia, la regione spicca per incidenza di lavori a termine da almeno 5 anni (17,6 contro 17,4) e per rilevanza di lavoratrici sovra-istruite, ovvero occupate in profili sottodimensionati rispetto al livello di istruzione posseduto: qui in pratica più di una lavoratrice su tre (il 37,2% contro il 29,8 dei lavoratori uomini) ha un impiego ‘inferiore’ rispetto a quello che ha studiato.

Un dato che fa riflettere visto che in Italia la percentuale è ‘solo’ del 28,1. Ma non finisce qui, dato che c’è sempre l’handicap di diventare madri.

Una scelta che non paga, vista la persistenza di numerosi svantaggi sul fronte occupazionale associati alla maternità. Un dato su tutti: nel 2022 in Umbria, il rapporto tra la quota di donne occupate tra i 25 e i 49 anni con almeno un figlio in età prescolare è rispetto a quelle senza figli, pari al 79,4 per cento.

"Una maggiore inclusione delle donne nel mercato del lavoro – spiega Elisabetta Tondini di Ageniza Umbria Ricerche – aiuterebbe fortemente la crescita economica come dimostrato da un recente studio di Banca d’Italia secondo cui, a parità di altre condizioni, un aumento del 10 per cento del tasso di attività femminile accrescerebbe il Pil di circa la stessa percentuale nel lungo periodo. Se più donne lavorassero – aggiunge - il sistema socioeconomico ne trarrebbe grande beneficio, in primis perché si ridurrebbe di molto la fragilità e il rischio di povertà familiare. Si produrrebbero inoltre effetti positivi sullo sviluppo intanto per le donne stesse, in termini di riconoscibilità economica e sociale, quindi per la collettività (crescita del reddito e irrobustimento della struttura demografica). Da ultimo – conclude Tondini -, ma non per ultimo, per ragioni di libertà: di azione, di pensiero, di sicurezza personale, poiché l’indipendenza economica è sicuramente il più potente antidoto contro la violenza di genere".