Don Vincenzo sceglie di non rispondere al gip

Il prete al centro dello scandalo ha fatto scena muta durante l’interrogatorio da remoto. Il suo avvocato: "Chiederemo la scarcerazione"

Migration

"Induceva in tentazione i ragazzini". È eloquente, in questa scabrosa vicenda, la formula religiosa usata al contrario e scelta con cura dal gip per aprire le 151 pagine di ordinanza con cui è stato arrestato a San Feliciano don Vincenzo Esposito per l’infamante accusa di aver adescato quattro minorenni di Termini Imerese a cui chiedeva foto, videochat e messaggi hard in cambio di qualche ricarica Postepay da 12, 20 o 30 euro, "approfittando delle umili origini e della loro situazione di bisogno". Ieri mattina il prete non ha risposto alle domande del giudice. Scena muta anche da parte della cinquantenne, madre di una delle giovanissime vittime, arrestata (ai domiciliari) con la stessa accusa. Entrambi si sono avvalsi della facoltà di non rispondere. L’interrogatorio si è tenuto in remoto davanti al gip del Tribunale di Palermo Fabio Pilato che ha firmato la misura cautelare e alla pm Ludovica D’Alessio. I due indagati sono assistiti rispettivamente - la donna dall’avvocato Giuseppe Minà, il prete dall’avvocato Renato Vazzana.

Lo stesso legale che il giorno precedente aveva annunciato la contestazione di tutte le accuse in sede di interrogatorio ha drasticamente rivisti la linea difensiva del religioso "abbiamo deciso di avvalerci della facoltà di non rispondere perché da questa prima analisi dell’ordinanza abbiamo trovato alcune incongruenze e aspetti che possono essere chiariti in maniera diversa. Incontrerò il parroco e poi presenteremo istanza di scarcerazione". Elementi scaturiti dai 10 minuti di colloquio che don Vincenzo ha avuto con il suo legale, "emerge una forma di ricatto dei ragazzi, ‘o mi dai i soldi o ti denunciamo’ gli dicevano, e parrebbe una forma di costrizione su un soggetto debole psicologicamente, - dice l’avvocato che assiste il religioso - una mia considerazione personale e forse anche difensiva. Non li ha incontrati mai non poteva sapere l’età che avessero". Intanto il prete "si continua a professare innocente - le parole del legale -, l’ho trovato sereno per quello che può essere il turbamento del passare dalla chiesa al carcere. Parliamo di una persona molto intelligente e di spiccata cultura. Una persona incensurata che non ha mai avuto denunce o segnalazioni per reati di questo tipo".

Ed in merito alle esigenze cautelari, "direi che anche con una misura meno afflittiva non sussiste il pericolo di fuga, e escludendo l’utilizzo dei mezzi informatici e telefonici viene meno anche la condizione del rischio di reiterazione del reato, così come di inquinamento probatorio. Presenteremo istanza di scarcerazione appena saremo pronti". Nella rete dei carabinieri di Termini Imerese don Vincenzo è finito quando i militari - ascoltando intercettazioni di un’altra inchiesta - si sono imbattuti nelle telefonate tra il prete e uno dei minorenni. Da qui hanno messo sotto controllo il suo telefono e anche quello della madre del ragazzo. Il tutto in pieno lockdown, quando il paese era fermo tra aprile e maggio, e fino ai primi giorni di luglio don Vincenzo " con cadenza quasi giornaliera è solito intrattenere rapporti telematici di natura esclusivamente sessuale - scrive il gip - con soggetti di minore età" e li avrebbe indotti a "compiere atti di autoerotismo, talvolta in presenza fra di loro, dietro la promessa e corresponsione di somme di denaro che vengono caricate sulle carte post pay in uso ai minori stessi. Il linguaggio esplicito e monotematico utilizzato dimostra come le relazioni intrattenute dal parroco con i suoi giovani interlocutori non trovino fondamento nel ministero del sacerdozio o in ragioni di assistenza sociale, ed obbediscano esclusivamente alle irrefrenabili esigenze di soddisfacimento di insani impulsi sessuali".

Sara Minciaroni