Dedicato a noi Liguabue torna a Perugia

Grande attesa lunedì e martedì al PalaBarton per il doppio concerto del rocker con la forza propulsiva del suo ultimo album

Dedicato a noi Liguabue torna a Perugia

Dedicato a noi Liguabue torna a Perugia

Liga, sei anni dopo. Era dai tempi del “Made in Italy Tour“ che il rocker reggiano non chiamava a raccolta i fans umbri tra le gradinate in tumulto di quello che allora era il PalaEvangelisti ed oggi è il Pala Barton. Ma l’attesa è finita e Luciano si dice prontissimo al gran ritorno di lunedì e martedì prossimi, con la forza propulsiva dell’ultimo album “Dedicato a noi” e di una band di avventurieri che schiera Max Cottafavi, Niccolò Bossini e “Capitan Fede” Poggipollini alle chitarre, Luciano Luisi alle tastiere, Davide Pezzin al basso e Ivano Zanotti alla batteria.

Luciano, qual è la chiave del concerto?

"Una volta fatta la scelta così spudorata, così fuori dalla norma, così contro i tempi, di avere sul palco tre chitarristi, quattro quando mi ci metto anch’io, ovvio che tutto ruoti lì. Anche se a me piace riproporre le canzoni in maniera quanto più fedele possibile, senza stravolgerle negli arrangiamenti, per incontrare i mondi che la gente s’è creata ascoltandole nei dischi".

La scelta di cambiare scaletta ogni sera è dettata dal desiderio di sorprendere il suo popolo sotto al palco?

"Direi proprio di sì. Abbiamo messo a punto una quarantina di pezzi da giostrare sera per sera. Fosse per me dovrebbero essere centoventi-centotrenta, ma devo fare i conti con la band che ha bisogno dei tempi giusti per mettere in mostra la professionalità, così ad ogni concerto ci limitiamo ad eseguirne una venticinquina".

Intenzioni?

“Voglio far girare tutti i pezzi di ‘Dedicato a noi’, senza stravolgere la scaletta, ma apportando piccoli cambiamenti concerto dopo concerto in modo da renderla sempre una sorpresa. Un punto fisso è quello di iniziare sempre con una canzone di ‘Dedicato a noi’, ne abbiamo individuate sette idonee al compito e ruotiamo quelle".

Quali sono i momenti del nuovo album che la coinvolgono di più?

"Mi lascio andare ad una cosa semplice, chiamata emozione: quindi, come scrittura, ‘Dedicato a noi’ è la canzone di cui sono più orgoglioso, ma l’emozione più forte arriva quando canto ‘La metà della mela’, dedicata a mia moglie. C’era un bel tempo in cui uno pubblicava un album e la settimana dopo già lo cantavano tutti. Oggi non è più così e per questo, col pensiero al pubblico, durante lo show i brani nuovi sono accompagnati dalla comparsa del testo sugli schermi".

Trent’anni dopo “Sopravvissuti e sopravviventi” si sente più l’uno o l’altro?

"Nella mia vita non ho corso così tanti rischi da sentirmi un sopravvissuto, però i tempi mi fanno sentire sopravvivente. Ci mancava solo la riesplosione del conflitto israelopalestinese, se facciamo il conto di questi tre anni veramente terribili. Penso che tutti noi dovremmo fare di più, perché a preoccuparmi è un’assuefazione alla cronaca che tende a staccarci sempre più gli uni dagli altri".

Qual è la sfida oggi?

"Non c’è niente di più facile che salire sul palco e dire: vaffa… al mondo. Applauso garantito. Più complicato parlare con le canzoni evitando fraintendimenti. In fondo rimango quello fuoriposto, fuorimoda, fuoritempo della canzone. Credo di essere ‘tossico da palco’ anche per questa ragione. Per il bisogno di avere conferma ogni sera del ‘noi’ che riesco a provocare con i miei pezzi accompagnato dall’illusione che, almeno per quelle due ore e mezza, i valori che si portano dietro siano valori condivisi".

Andrea Spinelli