ERIKA PONTINI
Cronaca

«I processi? Percorsi a ostacoli per evitare condanne ai colpevoli»

Davigo e Cardella a «Isola del libro» affrontano i mali della giustizia

Davigo e Cardella: mentre il primo era nel pool di «Mani pulite», l’altro indagava sulle stragi di mafia

Tuoro sul Trasimeno, 6 giugno 2016 - In Italia sono state fatte «norme stravaganti finalizzate non a tutelare gli innocenti ma a creare ostacoli nella condanna dei colpevoli». «Il processo si fa per sapere se uno è innocente o colpevole. Avendo in mente la tutela dell’innocente o avendo in mente la tutela del colpevole? Come è nel nostro codice?». L’affondo di Piercamillo Davigo, ex pm di Mani pulite, presidente dell’Associazione nazionale dei magistrati, è sul sistema processuale che spesso ‘difende’ i colpevoli e non ‘tutela’ le vittime.

Parole dure ma spesso pronunciate con ironia che arrivano dall’ «Isola del libro» di Italo Marri, dove il magistrato, ora in Cassazione, ha presentato il suo «Processo all’italiana» – scritto con il giornalista Leo Sisti –, insieme all’amico e collega Fausto Cardella, procuratore generale a Perugia (a coordinare Riccardo Marioni). Secondo Davigo una delle stravaganze del sistema è quello che non permette di far entrare nel processo ciò che è avvenuto prima, nella fase delle indagini. Come l’ufficiale di polizia giudiziaria costretto a leggere in aula la sua annotazione di servizio che però non può essere prodotta. «Questo accade perchè si vuole considerare il giudice come una pagina bianca. Può valere per i giudici popolari ma non per uno che lo fa di mestiere». «Non si può dare per scontato che sbaglino sempre carabinieri, pm, gip e gup: se uno è a processo, una ragione ci sarà».

Un’altra stravaganza, secondo Davigo è che il giudice che decide deve essere lo stesso che assiste alla formazione della prova. Cosicchè se cambia tocca rifare il processo, a meno che non ci sia l’accordo delle parti. «Che non c’è mai». Anche perché Davigo ritiene che «se un processo dura tanto e il cliente è colpevole così rischia di farla franca». Sulla prescrizione infatti il presidente dell’Anm ha spiegato che «non è un istituto a tutela dell’innocente, ma soprattutto dei colpevoli e tendenzialmente con notevoli risultati». Altro capitolo scottante è stato quello delle intercettazioni telefoniche. Davigo ha spiegato il meccanismo: il pm le dispone d’urgenza e il giudice convalida ma il pm deve anche motivare perchè ne aveva autorizzato l’ascolto nella caserma dei carabinieri, invece che in procura ad esempio, e «siccome il pm ha motivato solo l’urgenza e non l’urgenza eccezionale allora l’imputato deve essere assolto, per un cavillo e, siccome è stato in galera dobbiamo anche risarcirlo». Ma quell’intercettazione esiste, come esiste – secondo il magistrato «la verità storica preesistente». Quindi spesso «buona parte degli assolti non sono assolti, ma colpevoli che l’hanno fatta franca». Per un cavillo.

Anche Cardella ha parlato di un «processo infarcito di ostacoli» facendo l’esempio dell’avviso ai difensori. «Giustissimo che un imputato ne abbia due o tre o quattro, con i sostituti processuali ma se manca l’avviso a uno di questi il processo deve saltare?». La riforma? «Un momento di speranza per cambiare cose incomprensibili». Durante l’incontro Davigo ha fatto riferimento ai sistemi di molti Paesi stranieri, migliori del nostro. «L’Italia invece si accomuna con la Grecia per due motivi: il debito pubblico e la prescrizione». Le ricette per il presidente dell’Anm sono innanzitutto fare meno processi attraverso sbarramenti (nel civile ad esempio l’introduzione di un tasso giudiziario per il debitore) e una massiccia depenalizzazione dei reati. «I guai derivano in larga parte dal numero dei processi ma se si dimezzano, si dimezza anche il numero degli avvocati. «E una classe politica che non ha gestito la lobby dei tassisti come può dimezzare gli avvocati?». Infine nessuno appello alla politica sul tema della riforma della giustizia: «Le cose da fare sono note». Piuttosto la «speranza» che «sia la Comunità internazionale a indurre l’Italia a fare ciò che dovrebbe».