REDAZIONE UMBRIA

Dante: luoghi, personaggi e ipotesi

La precisione dei riferimenti geografici ci fa supporre che il poeta conoscesse bene l’Umbria

Attraverso dei progetti di continuità con le scuole superiori di Gubbio abbiamo avuto la possibilità di approfondire quanto nella Divina Commedia è riferibile a Gubbio o alle sue immediate vicinanze. Dante tra i superbi in Purgatorio incontra Oderisi, uno dei più grandi miniatori del XIII sec. di tradizione bizantina. Quando lo vede, gli si rivolge in modo quasi amichevole, forse perché si erano conosciuti a Bologna: "Oh!"..."non se’ tu Oderisi, l’onor d’Agobbio e l’onor di quell’arte ch’alluminar chiamata è in Parisi?" (Purg. XI, vv. 79-81). Ma allora Oderisi nasce a Gubbio? In alcuni documenti bolognesi dell’epoca è ricordato come “magister Odericus miniator; Magister Odericus quondam Guidonis de Gubbio“. A seguire nell’XI canto del Paradiso Dante scrive: “Intra Tupino e l’acqua che discende del colle eletto dal beato Ubaldo, fertile costa d’alto monte pende” (vv. 42-44). La precisione dei riferimenti geografici ci fa supporre che il poeta conoscesse bene l’Umbria sia per i tanti viaggi fatti sia per gli amici che lo ospitavano durante queste peregrinazioni; così potrebbe darsi che sia stato a Gubbio, ospite del conte Bosone Novello de’ Raffaelli presso il Castello di Colmollaro nella zona di Branca. In questo canto Tommaso d’Aquino ricorda gli episodi principali della vita di San Francesco, spirito sapiente del IV cielo, detto del Sole, partendo dal luogo di nascita: Assisi. Per localizzarlo, Dante indica il monte Subasio tra i fiumi Chiascio e Topino. E per indicare le sorgenti del Chiascio fa riferimento al monte del Beato Ubaldo, forse anche per sottolineare una somiglianza tra Francesco e Ubaldo (amatissimo vescovo di Gubbio), simboli di una Chiesa rinnovata. L’ultimo riferimento nella Divina Commedia relativo a luoghi limitrofi a Gubbio si trova nel canto XXI del Paradiso, nel cielo di Saturno, dove incontra San Pier Damiani, monaco ravennate del sec. XI, grande riformatore della Chiesa del suo tempo. Qui si parla del monte Catria e dell’eremo di Fonte Avellana, che faceva parte della diocesi di Gubbio e luogo dove il monaco si era dedicato alla vita contemplativa, così come poi anche S. Ubaldo, ispiratosi alla sua riforma, vi si rifugiò alla ricerca di solitudine: "Tra due liti d’Italia surgon sassi, e non molto distanti a la tua patria, tanto che troni assai suonan più bassi, e fanno un gibbo che si chiama Catria, di sotto al quale è consecrato un ermo, che suole esser disposto a sola latria." (vv. 106-111). Così, vedere la nostra Gubbio e il suo territorio scolpiti nella Comoedìa ci ha fatto sentire parte di una tradizione più vasta, che è motivo di orgoglio aver contribuito a costruire e di cui cercheremo di essere validi interpreti da qui in avanti.